La misura di amare Dio è di amarLo senza misura”. Questo insegamento
di San Francesco di Sales forse può riassumere tutta la sua esistenza,
perché egli non fu altro che un esempio vivo di tutto
ciò che insegnava.
Stress… Parola talismanica creata apparentemente per giustificare tutti i mali che colpiscono gli uomini del nostro tempo. Chi non dorme bene è preso dallo stress; chi è nervoso in ufficio, è stressato. Problemi familiari? Bene, la colpa è sempre dello stress. Persino il cattivo carattere, il temperamento collerico trova giustificativa nello stress. Nonostante la vita agitata e insicura di oggi provochi stress, questo non può essere lo scudo dietro al quale si nasconde colui che non vuole combattere i propri difetti di carattere.
Vediamo l’esempio di un uomo di carattere, che con l’ausilio della grazia seppe dominarsi al punto da diventare noto e venerato da tutti come il santo della dolcezza e dell’amabilità: San Francesco di Sales.
L’infanzia di un bambino innocente
Primogenito del Barone di Boisy, Francesco nacque nel 1567 nel castello di Sales, in Savoia, allora un paese indipendente che comprendeva territori che oggi appartengono alla Francia, all’Italia e alla Svizzera. Sua madre, Francesca de Boisy, una signora molto virtuosa, seppe suscitare in lui, fin dalla prima infanzia, l’amore verso Gesù e Maria. Ricevette probabilmente da lei anche la salutare influenza che gli permise di acquisire una delle virtù che più lo caratterizzarono: non perdere mai la calma, non inquietarsi mai, avere per intero l’anima nelle proprie mani.
Sua madre gli insegnava il catechismo e gli raccontava begli esempi della vita dei santi. Ciò fece nascere nell’anima del piccolo Francesco il desiderio della santità e lo zelo per le cose di Dio.
Fin da bambino fu sempre molto attivo e pieno di vita. Un fatto pittoresco della sua infanzia esprime il suo carattere combattivo, ma irascibile. Quando era ancora molto piccolo, aveva sentito parlare dei calvinisti che avevano dominato la Svizzera e buona parte della Francia. Un giorno seppe che uno di questi eretici visitava il castello dei suoi genitori. Come non poteva entrare in sala per protestare, prese un pezzo di legno e pieno di indignazione entrò nel pollaio, e lanciandosi contro le galline, distribuendo legnate, gridava: “Via gli eretici! Non vogliamo gli eretici!” Le povere galline scappavano schiamazzando dinanzi all’attacco inatteso. Furono salvate dai servi che riuscirono a farlo uscire da lì in tempo.
Francesco arriverà ad avere un carattere così dolce e buono che San Vincenzo de Paoli, quando ebbe l’opportunità di convivere con lui, esclamò: “O mio Dio, se Francesco di Sales è così amabile, come sarete Voi?”
Le battaglie della gioventù
Durante la giovinezza, nacque in lui un gran desiderio di consacrarsi interamente a Dio. Ma suo padre aveva altri piani. Fu inviato a Parigi per studiare nel collegio dei gesuiti, dove conobbe il buon P. Déage, che fu il suo direttore spirituale. Più tardi si trasferì a Padova per studiare Diritto Civile, come voleva il padre, e Diritto Canonico come desiderava l’ardore religioso del suo cuore. Inoltre, praticava la scherma, l’equitazione e frequentava balli mondani.
Vivere nella grazia di Dio in quegli ambienti non era per niente facile, ma Francesco seppe fuggire dalle occasioni pericolose e da tutte le amicizie che potessero offendere Dio. All’Università, alcuni studenti perversi lo attaccarono per umiliarlo a causa del suo carattere così pio. Francesco, che era esperto nell’arte della scherma, prese la sua spada e sconfisse tutti. Quando li vide finalmente disarmati e impotenti andò via dicendo: “E ringraziate Dio in cui credo, perché è grazie a ciò che non vi faccio male”.
Quando per il suo carattere il sangue gli saliva alla testa dinanzi a umiliazioni e scherzi, egli si tratteneva in tale maniera che molti pensavano che non si arrabbiasse mai. Il demonio, nel vedere che era impossibile sconfiggerlo con le tentazioni più comuni, lo attaccò con violenza in un punto molto sensibile e difficile: la tentazione della disperazione della salvezza.
Aveva 20 anni quando ciò avvenne.
Aveva conosciuto la dottrina di Calvino sulla predestinazione, e non riusciva a cacciar via dalla testa l’idea fissa che sarebbe stato condannato. Perse l’appetito e il sonno. Diceva sempre a Nostro Signore che se nella sua infinita giustizia lo avesse condannato all’inferno, che gli concedesse la grazia di continuare ad amarLo in quel luogo di tormenti. Tale preghiera gli restituiva in parte la pace dell’anima, ma la tentazione tornava sempre. Il rimedio definitivo arrivò quando entrò in una chiesa a Parigi, si inginocchiò dinanzi ad un’immagine della Santissima Vergine e recitò la nota preghiera di San Bernardo: “Ricordati, o pietosissima vergine Maria…” Quando finì, i pensieri di tristezza e disperazione lo abbandonarono per sempre ed ebbe la certezza che “Infatti Dio non ha mandato suo Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui”. (Giov 3, 17).
La vita religiosa e la conquista dei calvinisti
Di ritorno alla casa paterna, all’età di 24 anni, rifiutò un matrimonio brillante ed un posto al Senato del Regno. Benché contro la volontà di suo padre, assunse l’incarico di decano della Cattedrale di Chambéry – grazie all’influenza di suo zio, Luigi di Sales, canonico della Cattedrale di Ginevra, che ottenne tale nomina dal Papa e poco tempo dopo fu ordinato sacerdote.
Predicò ad Annecy e in altre città. Nonostante fosse dotato di grande cultura, le sue pratiche erano semplici e attraevano molto tutti coloro che lo ascoltavano.
Ma la sua dura battaglia ebbe inizio quando si offrì per riconquistare Chablais, sulla costa sud del lago di Ginevra. Questa regione era totalmente dominata dai calvinisti, il cui esercito non lasciava vivere in pace gli abitanti cattolici.
Il 14 settembre 1594, festa dell’esaltazione della Santa Croce, con il permesso del vescovo Claudio di Granier, Francesco di Sales partì a piedi verso la grande missione. Non gli mancarono provazioni. Molte volte dovette dormire all’aria aperta. In un’occasione si rifugiò sui rami di un albero durante tutta la notte per fuggire dal rischio di essere divorato dai lupi. L’indomani fu salvato da una coppia di contadini calvinisti che ebbero grande simpatia per lui.
E inoltre, questi contadini si convertirono, dando inizio alla grande trasformazione religiosa della regione. Ogni notte San Francesco e i suoi compagni cattolici passavano in tutte le case e lasciavano sotto le porte dei foglietti scritti a mano, in cui confutavano le false argomentazioni dell’eresia calvinista. Questo fatto gli valse il titolo di patrono degli scrittori e giornalisti cattolici.
Questi scritti furono posteriormente riuniti e pubblicati con il titolo di Controversie.
Pochi anni dopo, in seguito a dure lotte e persecuzioni, Chablais si convertì totalmente, e il P. Francesco fu nominato vescovo coadiutore di Ginevra. Per ricevere la consacrazione episcopale, si recò a Roma dove lo stesso Papa Clemente VIII lo interrogò su 35 punti difficili della Teologia, alla presenza del Collegio Cardinalizio. “Non vi è stato nessuno che abbiamo esaminato fino ad ora, che abbia meritato come te la nostra completa approvazione!” – ha detto il Papa quando scese dal trono per abbracciarlo.
Vescovo principe di Ginevra
Con la morte di D. Garnier, San Francesco di Sales ha assunto l’incarico vacante. La generosità e la carità, l’umiltà e la clemenza del santo erano inesauribili. Nel trattare le anime fu sempre buono senza cadere nella debolezza; sapeva essere fermo, quando necessario.
Fondò l’Ordine della Visitazione, insieme alla sua guida spirituale, Santa Giovanna di Chantal, nel 1604. Tra le opere da lui scritte si distinguono il Trattato dell’Amore di Dio, che gli valse il titolo di Dottore della Chiesa e Introduzione alla vita devota -Filotea, nata dagli appunti inviati a sua cugina, Signora di Chamoisy.
La misura di amare Dio
“La misura di amare Dio è di amarLo senza misura”. Questo insegamento di San Francesco di Sales forse può riassumere tutta la sua esistenza, perché egli non fu altro che un esempio vivo di tutto ciò che insegnava.
Ancora in vita, c’erano già persone che custodivano come reliquie gli oggetti usati da lui.
Vittima di una paralisi, perse la parola e qualcosa della sua lucidità, ma recuperò le sue facoltà in breve tempo. Ma gli sforzi medici, fatti per salvarlo a nulla servirono. Nel suo letto ripetteva: “Ho riposto tutta la mia speranza nel Signore; Egli ha ascoltato la mia supplica e mi ha tirato fuori dalla miseria e dal pantano dell’iniquità”.
Morì a 56 anni, durante la festa dei Santi Innocenti, il 28 dicembre 1622. Il suo fegato, dovuto al costante sforzo per controllare i suoi impeti di collera, si era trasformato in pietra. Il suo corpo fu trovato incorrotto 10 anni dopo la sua morte.
Egli seppe vivere per intero il consiglio di Nostro Signore nel Vangelo: “Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me, perché io sono mansueto e umile di cuore; e voi troverete riposo alle anime vostre” (Mt 11, 29)
San Giovanni Bosco lo ammirava così tanto che lo scelse come patrono della sua congregazione. E Santa Giovanna di Chantal diceva di lui: “Era un’immagine viva del Figlio di Dio, perché veramente l’ordine e l’economia di quest’anima santa era tutta soprannaturale e divina”.
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