
I Santi Innocenti
Questi beati bambini, i primi a partecipare alle sofferenze di Cristo, sarebbero anche tra i primi a beneficiare dei meriti infiniti della sua gloriosa Passione ed a regnare insieme a Lui nella Patria celeste.
Suor Clara Isabel Morazzani Arráiz, EP
Sentendosi alle porte della morte, il venerando anziano fece chiamare i suoi dodici figli per benedirli prima di partire. Al primogenito Ruben, a causa alla sua cattiva condotta, ritirò la primazia, come pure ai due seguenti, Simone e Levi, per la crudeltà di cui avevano dato mostra (cfr. Gn 49, 3-7). Toccò a Giuda, il quarto figlio, ricevere dal padre l’autorità sui fratelli ed il privilegio di veder sorgere dal suo lignaggio il Messia, Colui a proposito del quale Dio aveva promesso ad Abramo: “Saranno benedette per la tua discendenza tutte le nazioni della Terra” (Gn 22, 18). Così, sedici secoli prima della nascita di Gesù a Betlemme, il patriarca Giacobbe profetizzava la venuta del Redentore.
Il momento dell’arrivo di questo Re atteso, il vecchio patriarca lo definì con queste parole: “Non sarà tolto lo scettro da Giuda né il bastone del comando tra i suoi piedi, finché verrà colui al quale esso appartiene e a cui è dovuta l’obbedienza dei popoli” (Gn 49, 10).
Più tardi la stirpe di Giuda, nella persona di Davide, governò di fatto sulle altre tribù, occupando il trono a Gerusalemme. Sebbene Dio, a causa dell’infedeltà del suo successore Salomone, avesse ritirato alla discendenza di Davide il governo di dieci tribù – permettendo che fosse fondato il “regno del Nord” avendo come re Geroboamo, un semplice servo – non mancò mai a Davide “una lampada” (I Re 11, 36), come gli era stato promesso: “Non ritirerò da lui il mio favore, come l’ho ritirato da Saul, che ho rimosso dal trono dinanzi a te. La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a me e il tuo trono sarà reso stabile per sempre” (II Sm 7, 15-16). Così, fino all’entrata di Nabucodonosor, re di Babilonia, che devastò la città e portò la popolazione alla cattività, ci fu sempre un figlio di Davide, del lignaggio benedetto di Giuda, seduto sul legittimo trono di suo padre.
I figli di Levi governano il Popolo Eletto
Quando, trascorsi settant’anni da questo doloroso esilio, il grande Ciro di Persia conquistò Babilonia, emise un decreto autorizzando il ritorno degli israeliti alla loro patria (cfr. Es 1, 2-4). Molti di questi, allora, tra i quali un numeroso contingente di sacerdoti e leviti, intrapresero il viaggio di ritorno a Gerusalemme (cfr. Es 2, 1- 67).
L’influenza preponderante esercitata dalla casta sacerdotale durante questo nuovo periodo, diede origine ad un clima di crescente religiosità, portando così Israele a divenire un piccolo stato sempre più teocratico.1 Infatti, sebbene il Paese fosse ancora soggetto a sovrani stranieri – prima i persiani, poi i greci – i veri detentori del potere passarono ad essere i sommi sacerdoti, assistiti da un consiglio di anziani, costituito da un’aristocrazia che, a sua volta, era sacerdotale nella sua maggioranza.
Nel secolo II a.C, quando salì al trono della Siria Antioco IV Epifane – un “uomo vile” (Dn 11, 21), vera “radice del peccato” (I Mac 1, 11) -, si scatenò una furiosa persecuzione contro la religione d’Israele. Insorsero contro il seleucida i Maccabei, di lignaggio sacerdotale, ottenendo grandi vittorie e acquisendo per il popolo giudaico un potere e una gloria comparabili a quelli dei tempi antichi. Molti israeliti credettero di vedere in questo trionfo un segnale chiaro della mano divina, trasferendo la regalità davidica alla tribù di Levi. Così, i discendenti di questi eroi, chiamati Asmonei, passarono a occupare simultaneamente la cattedra del supremo pontificato e il trono reale.
Sergio Hollmann |
Accecato dall’orgoglio, Erode era convinto di avere un potere sufficiente per opporsi al piano divino e mutare, secondo i suoi capricci, quello che Dio aveva deciso da tutta l’eternità |
“Strage degli innocenti” – Cattedrale di Notre Dame, Parigi |
Pur essendo stato tolto, molti secoli prima, lo scettro alla tribù di Giuda, Israele continuava, intanto, ad essere retto da figli del sangue di Giacobbe, successori del Patriarca Abramo, eredi delle promesse di Dio.
Erode: il re sanguinario
Le circostanze mutarono quando, adducendo alle lotte fratricide nate nel seno stesso della famiglia degli Asmonei, Roma intervenne con le armi e l’imperatore Marco Antonio concesse il titolo di re dei giudei ad uno straniero, detestato dal popolo poiché appartenente al popolo idumeo, nemico inconciliabile di Israele: Erode.
La profezia di Giacobbe cominciava a realizzarsi: sebbene il governo di Erode marcasse per i giudei un periodo di terrore, umiliazione e tirannia, non mancarono anime giuste e pietose che seppero interpretare gli avvenimenti e riconoscere che i giorni del Messia erano arrivati.
Il nuovo monarca non tardò a dimostrare che tutte le sue azioni e atti amministrativi erano mossi da orgogliosa cupidigia. L’odio e il disprezzo dei suoi sudditi, che sentiva pesare sopra di sé, sommati alla naturale insicurezza di chi è smisuratamente ambizioso, gli facevano temere qualunque persona che spiccasse per le sue qualità, o conquistasse la simpatia del popolo, come un avversario del suo potere.
Durante gli anni del suo lungo regno, egli si sbarazzò senza scrupoli di tutti i cospiratori o di quelli che semplicemente gettavano ombra sulla sua persona. Uno ad uno, i parenti più prossimi – tra i quali la sposa Mariamne e tre figli – e un gran numero di aristocratici della Giudea caddero sotto i colpi della sua crudeltà. Niente costituiva ostacolo per questa volontà feroce, piena di arroganza e assetata di dominio.
Il tiranno trema davanti a un Bambino
Quale non fu il soprassalto di questo tiranno sanguinario quando, ormai vecchio, amareggiato dal peso degli innumerevoli crimini commessi, vide arrivare a Gerusalemme una sontuosa carovana proveniente dall’Oriente e tre magi che chiedevano del “re dei giudei che era appena nato” (Mt 2, 2)! Immediatamente l’inquietudine e il turbamento si impossessarono del suo cuore: vide minacciata la stabilità del suo trono.
Questa agitazione ben indicava quanto Dio fosse assente dai suoi pensieri e prospettive, come commenta, con molto acume, un devoto autore: “L’anima retta e sincera non si turba mai, perché possiede Dio. Dove Dio abita, non c’è turbamento possibile, dice lo Spirito Santo. ‘Non in commotione Dominus’ (I Re 19, 11). Se un’anima arriva a sperimentare un turbamento, è perché ha perso Dio e, con Lui, la rettitudine e il candore. Che Erode si turbasse, non ci deve sorprendere; in fin dei conti, egli era un usurpatore e, sentendo che un re dei giudei era appena nato, certamente temette di perdere sia il trono che la corona”.2
Quindi, usando l’astuzia caratteristica dei “figli del secolo” (Lc 16, 8), Erode si informò dai sacerdoti e dai maestri delle Scritture su quale fosse il luogo indicato dai profeti come culla del Messia. Una volta ottenuta la risposta, prese la decisione di uccidere il neonato. Fingendo una grande pietà, mandò a chiamare i magi al fine di indicar loro il cammino di Betlemme, desiderando, in realtà, servirsi di loro per la realizzazione delle sue perverse intenzioni.
Accecato dall’orgoglio, quell’iniquo monarca era convinto di avere un potere sufficiente per opporsi al piano divino e mutare, secondo i suoi capricci, quello che Dio aveva deciso da tutta l’eternità ed aveva annunciato per bocca dei suoi messaggeri!
A questo proposito commenta San Giovanni Crisostomo: “Tale è la malvagità, per la sua stessa natura: si contraddice da sola e intraprende quello che è impossibile. Considerate l’insensatezza di Erode. Se egli credeva nella profezia e considerava inevitabile la sua realizzazione, era evidente che stesse tentando qualcosa di irrealizzabile; se non credeva in questa né sperava che si compisse quanto annunciato, non aveva motivo per temere e stupirsi, né per preparare trappole per nessuno. In nessuna delle due ipotesi c’era necessità di mentire”.3
Due discreti interventi della divina Provvidenza- un sogno inviato per allertare i magi e l’apparizione di un angelo a San Giuseppe – bastarono per mandare in fumo le abili macchinazioni del tiranno. Costui, però, per vari giorni aspettò impaziente e timoroso il ritorno di quei nobili stranieri; capendo di essere stato ingannato, diede libero sfogo alla sua collera e decise di perpetrare il crimine più orrendo della sua vita: affinché il piccolo Re dei giudei non sfuggisse alla sua vendetta, sarebbero dovuti perire tutti gli infanti di Betlemme e dei dintorni.
Martirio degli innocenti
Grande fu la costernazione nella città di Betlemme. Subito dopo aver ottenuto l’onore di ricevere l’Atteso delle nazioni, le sue case si riempirono di cadaveri e per le strade echeggiarono le grida di dolore delle madri, mescolate ai gemiti dei bambini. Scena atroce e pungente: vedere i piccini strappati dalle braccia materne e trafitti dalle spade dei mercenari.
“Perché Cristo ha agito così?”, si chiede San Pietro Crisologo. “Perché ha abbandonato coloro che Egli sapeva che sarebbero stati cercati per causa sua e per causa sua sarebbero dovuti morire? Egli era nato re e re del cielo, perché ha abbandonato quelli che erano innocenti? Perché ha disdegnato un esercito della sua stessa età? Perché ha abbandonato in questo modo coloro che, come Lui, riposavano in una culla ed il nemico, che cercava solo il re, causò danno a tutti i soldati?”.4
Risponde lo stesso santo: “Fratelli, Cristo non ha abbandonato i suoi soldati, ma ha dato loro miglior sorte, gli ha concesso di trionfare prima di vivere, ha fatto ottenere loro la vittoria senza lotta alcuna, ha concesso loro le corone addirittura prima che le loro membra fossero sviluppate, ha voluto, col suo potere, che passassero al di sopra dei vizi, che possedessero il Cielo prima che la terra”.5
Come era stato profetizzato da Davide, i singhiozzi di questi piccoli martiri risuonavano alla presenza dell’Altissimo come canti di gloria e, allo stesso tempo, censuravano il re empio che li aveva condannati: “Con la bocca dei bimbi e dei lattanti affermi la tua potenza contro i tuoi avversari, per ridurre al silenzio nemici e ribelli” (Sal 8, 3). Il loro sangue saliva al Cielo come sacrificio puro e piacevole di “agnelli senza macchia” ( Es 12, 2-5) offerto in onore del Divino Infante appena nato. I bambini che giocavano ai piedi delle loro madri lasciarono i loro innocenti giochi per andare a giocare ai piedi del trono di Dio!
Con la sua caratteristica eloquenza, così commenta Bossuet: “Beati bambini, la cui vita fu immolata allo scopo di conservare la vita del vostro Salvatore. Se le vostre madri avessero conosciuto questo mistero, invece di lamentazioni e di lacrime, si sarebbero udite benedizioni e lodi”.6
Inquietudine di Erode e trionfo dei bambini
Richiama l’attenzione l’antagonismo tra lo stato di spirito di Erode e quello dei Santi Innocenti: da un lato troviamo la figura di un uomo attaccato al potere, autoritario, che giudicava tutti i fatti con l’ottica di mediocri interessi; all’estremo opposto, bambini innocenti, fiduciosi, incapaci di fare alcun male.
Dopo il suo orrendo crimine, Erode sperimenta, nel suo intimo, la tristezza e l’inquietudine. Nemmeno dopo aver ricevuto la notizia che i suoi ordini erano stati eseguiti, egli potrà godere di una qualche tranquillità, poiché all’angoscia costante di perdere il trono, si sommò il rimorso dell’infanticidio commesso a rodergli l’anima come, in breve, i vermi avrebbero corroso le sue carni.
Gustavo Kralj, per concessione del Ministero dei Beni Culturali della Repubblica Italiana |
Grande fu la costernazione nella città di Betlemme dove echeggiarono le grida di dolore delle madri, mescolate ai gemiti dei bambini |
“Strage degli innocenti“, del Beato Angelico – Museo di San Marco, Firenze |
In un modo molto diverso, i bambini si videro elevati alla categoria di fratelli di Cristo e principi del suo Regno. Egli li amava e, per questo, li colse come un bocciolo che stava sbocciando alla vita, per condurli alla visione beatifica non appena avesse aperto, trionfante, le porte del Cielo.
Perché, si chiede San Bernardo, “c’è chi dubiti delle corone degli Innocenti?” E aggiunge: “È minore, forse, la pietà di Cristo dell’empietà di Erode, per credere che questi potesse consegnare alcuni innocenti alla morte e Cristo non potesse coronare coloro che erano stati uccisi per Lui? […] Questi sono, veramente tuoi martiri, o Dio, affinché risplenda con maggior evidenza il privilegio della tua grazia in quelli in cui né l’uomo né l’angelo scoprono merito alcuno”.7
L’infanzia, modello di innocenza
Il Verbo Si fece carne e venne al mondo per operare la Redenzione e, a partire da questa, proclamare sulla Terra “l’anno della grazia del Signore” (Is 61, 2), un nuovo regime, basato sulla carità e sulla misericordia, con il quale l’uomo è passato dalla condizione di schiavo a quella di figlio di Dio, avendo per regola di vita la ricerca della perfezione, ad immagine del Padre Celeste (cfr. Mt 5, 48).
Per essere suoi discepoli, Gesù non ci impone di acquisire una scienza erudita, e nemmeno esige la pratica di penitenze e austerità troppo pesanti. Egli propone invece un modello accessibile a tutti: “In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli” (Mt 18, 3).
Papa San Leone I afferma, in uno dei suoi sermoni: “Cristo ama l’infanzia, che ha assunto in primo luogo, tanto nell’anima quanto nel corpo. Cristo ama l’infanzia, maestra di umiltà, regola dell’innocenza, modello di mansuetudine. Cristo ama l’infanzia, per la quale orienta il procedimento degli adulti e riconduce l’età degli anziani. Egli richiama all’esempio di questa coloro che eleva al regno eterno”.8
Per essere partecipi del suo Regno ed ospiti del banchetto eterno, siamo chiamati a farci condurre per mano da Dio come bambini docili e fiduciosi, senza opporre resistenza alla sua santa volontà.
Gesù porta, ad ogni Natale, l’invito per la restaurazione dell’innocenza ed è pronto a ristabilirla nel cuori di chi voglia beneficiare della sua grazia, in quanto, da soli, non abbiamo forze sufficienti per liberarci dai nostri peccati.
Egli stesso ci aspetta e Si donerà a noi come ricompensa, nell’ora della nostra morte, facendoci eredi della felicità eterna: “Lasciate che i bambini vengano a me, perché di questi è il regno dei Cieli” (Mt 19, 14).
1 Cf. ROBERT, André; TRICOT, A. Initiation biblique. 2.ed. Paris: Desclée, 1948, pag.679.
2 D’HAUTERIVE, P. La suma del predicador. Paris: Louis Vivès, 1888, t.II, pag.104.
3 SAN JUAN CRISÓSTOMO. Homilías sobre el Evangelio de San Mateo. In: Obras. 2.ed. Madrid: BAC, 2007, t.II, pag.131.
4 SAN PEDRO CRISÓLOGO, apud ODEN, Thomas (Org.). La Biblia comentada por los Padres de la Iglesia. Madrid: Ciudad Nueva, 2004, pag.78.
5 Idem, ibidem.
6 BOSSUET, Jacques Bénigne. OEuvres choisies de Bossuet. Versailles: J. A. Lebel, 1821, pag.425.
7 SAN BERNARDO DE CLARAVAL. Obras completas. Madrid: BAC, 1953, t.I, pag.292-293.
8 SAINT LÉON LE GRAND. Sermo VII in Epiphaniae Solemnitate. In: Sermons. 2.ed. Paris: Du Cerf, 1964, t.I, pag.280.
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