
Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Pietro prese allora la parola e disse a Gesù: “Signore, è bello per noi restare qui; se vuoi, farò qui tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia”. Egli stava ancora parlando quando una nuvola luminosa li avvolse con la sua ombra. Ed ecco una voce che diceva: “Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo”.All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò e, toccatili, disse:”Alzatevi e non temete”. Sollevando gli occhi non videro più nessuno, se non Gesù solo. E mentre discendevano dal monte, Gesù ordinò loro: “Non parlate a nessuno di questa visione, finché il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti” (Mt 17,1-9)..
Mons. João Scognamiglio Clá Dias, EP
UnVero Uomo
Uno dei principali misteri della nostra Fede è l’incarnazione del Verbo.In effetti, chi potrebbe escogitare la possibilità che una delle Persone della Santissima Trinità unisca la sua natura divina aquella umana, e – senza smettere di essere il vero Dio – diventare anche un vero Uomo? Mai, grazie al semplice ragionamento, alcun uomo- nemmeno qualche Angelo – potrebbe concepire tale conubbio tra Creatore e creatura. Affinché potessimo conoscere questo bello e attraente mistero, era necessario che Dio stesso ce lo rivelasse.
Il Redentore fu radicale nell’assumere la condizione umana, dentro la fragile contingenza della stessa (fatta eccezione per il peccato e per qualsiasi difetto). Per esempio, scelse le più modeste circostanze per nascere: la totale povertà, una grotta, in pieno inverno, avendo come culla soltanto una mangiatoia.
Sono innumerevoli gli episodi del Vangelo in cui traspare la natura umana di Gesù: il dover fuggire in Egitto, portato da Maria e Giuseppe, per essere risparmiato dalla spada di Erode; il lavorare come unumile falegname, fino ai 30 anni di età, evitando così di richiamare su di sé l’attenzione della gente; il fare penitenza durante 40 giorni nel deserto, sopportando gli sconforti di un terribile digiuno; il versare il sangue nel Giardino degli Ulivi, inmezzo alla paura e all’angoscia dinanzi alla Passione; l’esternare debolezza fisica durante la sua flagellazione e mentre portava la croce sul Calvario. Infine, la sua morte, come quella di qualsiasi essere umano, e nel peggiore dei supplizi
Comedice San Paolo: “Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furonoin Cristo Gesù, il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana”. (Fl 2, 5-7).
Senza un’assistenza speciale della grazia, sarebbe inevitabile per chiunque ascoltasse il racconto di questi fatti, concludere que Gesù non era che una semplice creatura umana.
UnVero Dio
Per questo motivo, l’Unigenito Figlio di Dio, per sostenere la nostra fede, rese chiara la sua origine eterna e increata in molti altri fatti e circostanze: l’annunciazione alla Santissima Vergine per mezzo di un Arcangelo; l’avviso a San Giuseppe, in sogno, della concezione verginale di Maria; l’apparizione di una folla di angeli ai pastori vicino alla grotta di Betlemme, per annunciare loro la nascita di Gesù; la commozione all’interno dei Santi Re Magi, per la provvidenzialità di quel Bambino. Soprattutto, fu categorica la sua glorificazione, compiuta dal Padre e dallo Spirito Santo, nel momento del battesimo nel Giordano:
“Ora, mentre tutto il popolo si faceva battezzare, anche Gesù fu battezzato; e, mentre pregava, si aprì il cielo, e lo Spirito Santo scese su di lui in forma corporea, come una colomba; e venne una voce dal cielo: ‘Tu sei il mio diletto Figlio; in te mi sono compiaciuto'”. (Lc 3, 21-22).
Lo stesso Salvatore, nell’affermare “In verità, in verità vi dico: chi crede in me ha vita eterna.” (Giov 6, 47), non faceva riferimento alla sua natura umana, bensì alla sua divinità.
La moltiplicazione dei miracoli, il cui auge fu la risurrezione di Lazzaro, rese evidente a tutti il pieno potere di Gesù sulla natura:
“Gesù salì sulla barca e i suoi discepoli lo seguirono. Ed ecco si sollevò in mare una così gran burrasca, che la barca era coperta dalle onde; ma Gesù dormiva. E i suoi discepoli, avvicinatisi, lo svegliarono dicendo: «Signore, salvaci, siamo perduti!» Ed egli disse loro: «Perché avete paura, o gente di poca fede?» Allora, alzatosi, sgridò i venti e il mare, e si fece gran bonaccia. E quegli uominisi meravigliarono e dicevano: «Che uomo è mai questo che anche iventi e il mare gli ubbidiscono?»” (Mt 8, 23-27).
Questa stessa domanda pervaderebbe la mente di tutti coloro che, durante quei gioiosi tre anni in cui lo stesso Dio camminò per le strade della Palestina, poterono avvicinarsi a Lui. Sarebbe stato Elia cheera tornato, o uno degli altri profeti? O sarebbe sorto un nuovo profeta? La risposta apparve nelle anime più virtuose, o più predisposte ad amare la verità, e, si può dire, fiorì per intero nella confessione di Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt 16, 16), o nel Calvario, quando in mezzo al terremoto, ai fulmini e ai tuoni consecutivi alla morte di Gesù, uscirono dalle labbra del centurione le parole entusiaste:”Veramente, quest’uomo era Figlio di Dio!” (Mc 15, 39).
Nonostante queste – e tante altre – manifestazioni siano più che sufficientiper portare gli uomini all’atto di fede nella divinità di Nostro Signore, sorsero eresiarchi pronti a negarla, già all’inizio del cristianesimo. Anzi, una delle ragioni per cui San Giovanni, ildiscepolo amato, scrisse il suo Vangelo, tra gli anni 80 e 100 della nostra era, fu quella di riaffermare che Gesù era il vero Dio. E percercare di sottolineare questa verità, l’insieme dei Vangeli Gli concedono per più di cinquanta volte il titolo di Figlio di Dio.
È necessario tenere presente queste considerazioni, per meglio analizzare e comprendere la Trasfigurazione del Signore.
Convenienzadella Trasfigurazione
Gesù sarebbe potuto scendere sulla Terra accompagnato da legioni diangeli, e avrebbe potuto manifestare in tutto il suo splendore la sua infinita grandezza divina. Ci rivelò la sua natura increata inmaniera progressiva e, poco a poco si rese più categorico.
Dinanzi ad un popolo bramoso di ricchezze e grandezze materiali, era conveniente usare molta cautela nel farsi conoscere come Dio: “Allora ordinò ai suoi discepoli di non dire a nessuno che egli era il Cristo” (Mt 16,20). Egli ripete questo divieto diverse volte nel Vangelo, imponendola persino ai demoni stessi: “E gli spiriti immondi, quando lo vedevano, si gettavano davanti a lui e gridavano:«Tu sei il Figlio di Dio!» Ed egli ordinava loro con insistenza dinon rivelare la sua identità”. (Mc 3, 11-12). In questo stesso senso, dopo la Trasfigurazione sul Monte Tabor, Egli disse ai tre apostoli: “Non parlate a nessuno di questa visione, finché il Figlio dell’uomo sia risuscitato dai morti”. (Mt 17,9). Gesù temeva, nel caso in cui la notizia si spargesse, la nascita di un movimento semplicemente esteriore e materialista da parte di chi aspettava ardentemente un Messia temporale, restauratore del poteredi Israele sulle altre nazioni.
Inquesto contesto, come inquadrare la Trasfigurazione?
Un insegnamento soltanto dottrinario non è capace di per sé, diportare l’uomo a trasformare la propria vita. Un antico adagio illustra questa verità in maniera perfetta: “Le parole commuovono, gli esempi trascinano”. Soprattutto quando l’esempioè integro e splendente nella verità e nel bene, esso ha una forza tale che agisce sulle tendenze dell’anima, invitando ad un certo cammino – e a volte imponendolo
Inoltre,vi è un altro fattore indispensabile a incantare qualsiasi cuore e a mantenerlo saldo nella riforma iniziata: la chiarezza del fine. Sequesto non è chiaro, l’animo si affievolirà quando compariranno iprimi accenni delle difficoltà e dei drammi, così comuni a tutti i cambiamenti della vita.
Nel trattare la Trasfigurazione di Gesù, San Tommaso d’Aquino parla di questa necessità molto caratteristica della creatura umana: “Ora, perché uno possa continuare diritto per la sua strada, è necessario che in qualche modo ne conosca il fine in anticipo: sull’esempio dell’arciere il quale non può lanciar bene la freccia se non guarda prima l’oggetto da colpire.(…) Ciò è particolarmente necessario quando la via è difficile ed ardua, il cammino faticoso, ma il fine attraente”. (3, q.45, a.1, c).
Ora, per rendere effettiva la Redenzione con la morte nella Croce, e per formare la Chiesa, Nostro Signore Gesù Cristo avrebbe sottomesso gli apostoli a prove durissime. Era veramente opportuno, pertanto, che facesse conoscere attraverso l’esperienza diretta, per lo meno a tre di essi, i fulgori della sua gloria. In questo modo, si sarebbero sentiti non soltanto irrobustiti per affrontare i traumi della sua Passione, così come avrebbero aiutato più facilmente i loro fratelli a consolidare la Santa Chiesa, e avrebbero rafforzato i fedeli attraverso i secoli.
Fulgore nel Tabor, per sopportare le afflizioni del Calvario
Nello stesso argomento sopracitato, San Tommaso d’Aquino continua a chiarire, con la sua abituale genialità e sapiente chiarezza:
“Il Signore, dopo aver predetto ai suoi discepoli la sua passione, li invitò a seguirlo.(…) Ora, Cristo, per mezzo della sua passione, arrivò alla gloria, non solo dell’anima, che già possedeva fin dal principio del suo concepimento, ma anche del corpo (…)A codesta gloria egli conduce anche coloro che seguono le orme della sua passione, come si esprimono gli Atti degli Apostoli: “Attraverso molte tribolazioni ci è necessario entrare nel regno dei cieli”. Perciò era opportuno mostrare ai suoi discepoli la gloria del suosplendore (cio è trasfigurarsi), al quale configurerà i suoi, secondo le parole di S. Paolo: “Trasformerà il corpo della nostra umiliazione, rendendolo simile al corpo della sua gloria”.Ecco perché S. Beda poteva affermare: “Cristo ha pietosamente provveduto a che (i suoi discepoli) dopo aver gustato per breve tempo la contemplazione della gioia eterna, fossero più forti nel sopportare le avversità”. (3, q. 45, a. 1, c).
Già molto prima di San Tommaso, il Papa Leone Magno aveva commentato:”Affinché gli apostoli concepissero con tutta la loro anima questa propizia fortezza, affinchè non tremassero dinnanzi all’asprezza della croce, non si vergognassero di Cristo e non ritenessero degradante il patire… manifestò loro lo splendore della sua gloria, perché, benché credessero alla maestà di Dio,ignoravano il potere del corpo sotto il quale si nascondeva ladivinità… Poiché, ancora rivestiti dalla carne mortale, non potevano vedere e comprendere in alcun modo l’ineffabile e inaccessibile divinità, visione riservata nella vita eterna ai puridi cuore” (Sermone 51).
Più avanti, nello stesso sermone, San Leone Magno afferma: “Ogni membro [del Corpo Mistico di Cristo] può desiderare la partecipazione alla gloria che, in anticipo, splendette in testa. Ciò che era già stato previsto dal Signore, quando parlava della maestà della sua venuta: Allora i giusti risplenderanno come il sole nel regno del Padre loro. (Mt 13, 43).”
LaTrasfigurazione del Signore fu una grazia mistica eccezionale concessa ai tre apostoli scelti, in cima al Tabor. Il suo ricordo rimase come una fonte di solida fiducia, che consentì loro di sopportare le più grandi sofferenze, perché nell’assistere alla trasfigurazione ebbero un barlume della luce piena e splendente dell’eternità.
“Percrucem, ad lucem”
Dio desidera concederci eternamente la sua propria felicità, rendendoci partecipi della sua natura, nello splendore della gloria. È fondamentale per noi pensare, con costanza, alla gloria eterna come ad un immenso premio offertoci. Non vi è niente di meglio di questa meditazione per affrontare le difficoltà e le croci del quotidiano.
Molte sono le offerte di una felicità passeggera che troviamo oggigiorno, che presentano formule “magiche”… al di fuori dall’unicocammino, che è Gesù Cristo e la sua Chiesa. Tutto ciò non è chepura illusione. Siamo stati creati per il Cielo! Ecco ciò che cianima, risoluzione e allegria. “Per crucem, ad lucem”-“Attraverso la croce, arriveremo alla luce”.
Qui troviamo un’osservazione importante da farsi: vi sono molti che ci mostrano la croce del Signore, e ciò è ottimo e degno di lode! Tuttavia, ciò non basta. L’obiettivo della nostra esistenza non èil dolore, né il sacrificio. Non possiamo dimenticarci della luce,nostro vero destino. La croce non è il capolinea del nostro processo umano: è soltanto il cammino.
Grazie mistiche
La Trasfigurazione di Gesù ha rafforzato le virtù della fede e della carità negli Apostoli. Mentre la fede ci fa credere alla divinità di Cristo e alle sue promesse, la carità ci conduce ad una profonda unione con Dio. Sono due virtù estremamente interdipendenti. Senza la fede nella splendente vita eterna che ci attende, la carità tende a sparire.
Ma,se la fede e la carità degli apostoli guadagnarono tanto con laTrasfigurazione del Signore, non vi sarà qualcosa, su questa stessa linea, che potrà aiutare la vita spirituale di ciascuno di noi?
La risposta è totalmente positiva. Dio sparge grazie mistiche su tutti coloro che percorrono le vie della salvezza, in intensità maggiore ominore, a seconda del caso. Ma nessuno è escluso dal riceverle. Chi ce lo afferma è il famoso teologo domenicano, P. Réginald Garrigou-Lagrange:
“Per questi autori, la vita mistica non è una cosa straordinaria, come losono le visioni e le rivelazioni, ma bensì qualcosa di eminente nella via normale della santità. Essi considerano che ciò ècomune, per le anime chiamate a sacrificarsi nella vita attiva, come San Vincenzo de’ Paoli. Non dubitano in nessun modo che i Santi di vita attiva abbiano avuto normalmente la contemplazione infusa abbastanza di frequente dei misteri dell’Incarnazione redentora,della Messa, nel Corpo Mistico di Gesù Cristo, del prezzo della vita eterna, sebbene questi Santi siano diversi da quelli puramente contemplativi, nel senso che su di loro questa contemplazione infusaè più immediatamente diretta all’azione.” 1
È chiaro che tali grazie mistiche non esentano nessuno dal realizzare gli sforzi pratici alla pratica delle virtù, così come ci riferisce un altro brano dello stesso autore:
“Secondo quanto abbiamo detto, si vede che l’ ascetica è ordinata alla mistica”.
“Aggiungiamo,infine, che per tutti gli autori cattolici, la mistica che non presuppone un’ascesi seria è una falsa mistica: fu quella dei quietisti” 2
Un”Tabor” nei nostri cuori
Non vi sono dubbi poi, che Dio concede dei “Tabor”, ossia, delle grazie mistiche a ciascuno di noi.
Chi non avrà sentito, qualche volta, un’allegria interna, un palpito alcuore, un’emozione calma ma profonda, nell’assistere ad una bellacerimonia? Nell’apprezzare il canto gregoriano, per esempio? Oppurenel contemplare un’immagine qualsiasi? Chissà, nel vedere una bellavetrata bagnata dalla luce, all’interno di una chiesa silenziosa, chelascia fuori i rumori del mondo? Sono mille occasioni in cui lagrazia sensibile ci visita, e ci concede contemplazioni interiori,degustazioni previe della felicità perfetta che ci attende nelCielo.
Due Dottori della Chiesa, Santa Teresa di Gesù e San Giovanni dellaCroce, maestri della vita spirituale, dicono che la Provvidenza èsolita concedere ai principianti grazie mistiche che dopo proverannonuovamente soltanto alla fine delle loro vite. Tale procedere divinomira a rafforzare queste anime affinché attraversino i periodi diaridità. È un modo comune di agire di Dio: ci da consolazioni – ilTabor – perché così, quando arriverà l’ora del Getsemani, abbiamoforza, sapendo che la fine sarà più piena di allegria e disperanza.
Sonograzie che ci animano ad affrontate i sacrifici di questa vita. Sitratta di esperienze mistiche che ci mostrano chiaramente quanto Gesùci ama e vuole la nostra eterna gloria.
Così,nel trascorrere della nostra esistenza terrena, assaggeremo un po’delle delizie eterne, e le tende tanto desiderate da San Pietro sulmonte della trasfigurazione, Gesù le alzerà nel “Tabor”dei nostri cuori. Per questo Egli chiede da noi soltanto unacondizione: che non Gli poniamo ostacoli.
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