Il 6 febbraio, la chiesa cattolica venera San Paolo Miki.  Fu il primo giapponese accolto in un Ordine religioso cattolico, la Società di Gesù. Questo lo portò ad essere il primo gesuita nipponico.

I Santi Paolo Miki e venticinque compagni subirono il martirio sulle croci in Giappone, seguendo l’esempio di Gesù sia nella vita che nella morte.

San Paolo Miki martire e compagni, uccisi per la fede.

Prima di morire pronunciò l’ultima predica, invitando tutti a seguire la fede in Cristo, e concesse il suo perdono ai carnefici. Nel 1862, papa Pio IX lo proclamò santo. 

Due anni dopo, a Verona, un seminarista quindicenne lesse il racconto del suo supplizio e ricevette una forte spinta a dedicarsi alla vita missionaria: era Daniele Comboni, futuro apostolo della “Nigrizia”, alla quale dedicherà vita e morte, tre secoli dopo il martire giapponese. 

Vi proponiamo questo racconto inserita comeSeconda Lettura nell’Ufficio delle Letture di oggi.

Sarete miei testimoni

Piantate le croci, fu meraviglioso vedere in tutti quella fortezza alla quale li esortava sia Padre Pasio, sia Padre Rodriguez. Il Padre commissario si mantenne sempre in piedi, quasi senza muoversi, con gli occhi rivolti al cielo. Fratel Martino cantava alcuni salmi per ringraziare la bontà divina, aggiungendo il versetto: «Mi affido alle tue mani» (Sal 30, 6). Anche Fratel Francesco Blanco rendeva grazie a Dio ad alta voce. Fratel Gonsalvo a voce altissima recitava il Padre nostro e l’Ave Maria.

Il nostro fratello Paolo Miki, vedendosi innalzato sul pulpito più onorifico che mai avesse avuto, per prima cosa dichiaro ai presenti di essere giapponese e di appartenere alla Compagnia di Gesù, di morire per aver annunziato il vangelo e di ringraziare Dio per un beneficio così prezioso. Quindi soggiunse: «Giunto a questo istante, penso che nessuno tra voi creda che voglia tacere la verità. Dichiaro pertanto a voi che non c’è altra via di salvezza, se non quella seguita dai cristiani. Poiché questa mi insegna a perdonare ai nemici e a tutti quelli che mi hanno offeso, io volentieri perdono all’imperatore e a tutti i responsabili della mia morte, e li prego di volersi istruire intorno al battesimo cristiano».

Si rivolse quindi ai compagni, giunti ormai all’estrema battaglia, e cominciò a dir loro parole di incoraggiamento.

Sui volti di tutti appariva una certa letizia, ma in Ludovico era particolare. A lui gridava un altro cristiano che presto sarebbe stato in paradiso, ed egli, con gesti pieni di gioia, delle dita e di tutto il corpo, attirò su di sé gli sguardi di tutti gli spettatori. Antonio, che stava di fianco a Ludovico, con gli occhi fissi al cielo, dopo aver invocato il santissimo nome di Gesù e di Maria, intonò il salmo Laudate, pueri, Dominum, che aveva imparato a Nagasaki durante l’istruzione catechista; in essa infatti vengono insegnati ai fanciulli alcuni salmi a questo scopo.

Altri infine ripetevano: «Gesù! Maria!», con volto sereno. Alcuni esortavano anche i circostanti ad una degna vita cristiana; con questi e altri gesti simili dimostravano la loro prontezza di fronte alla morte.

Allora quattro carnefici cominciarono ad estrarre dal fodero le spade in uso presso i giapponesi. Alla loro orribile vista tutti i fedeli gridarono: «Gesù! Maria!» e quel che è più, seguì un compassionevole lamento di più persone, che salì fino al cielo. I loro carnefici con un primo e un secondo colpo, in brevissimo tempo, li uccisero.

Tratto da «Storia del martirio dei santi Paolo Miki e compagni» scritta da un autore contemporaneo  (Cap. 14, 109-110; Acta Sanctorum Febr. 1, 769)