Santa Maria Salomè a Veroli 

Giuseppe Cesari, detto Cavalier d’Arpino (1568-1640)

Pala d’altare raffigurante Santa Maria Salomè, ca. 1621-1625 

dipinto di Santa Maria Salomè a Veroli
Abside della Chiesa di Santa Maria in Salomè, piazza Santa Maria in Salomè, Veroli (FR)

La pala di Santa Maria Salomè nell’omonima chiesa di Veroli, opera del pittore seicentesco Giuseppe Cesari, è immersa in un contesto settecentesco e dialoga con le opere al suo fianco. La santa, che secondo la tradizione arrivò a Veroli nel 1209, viene effigiata dal Cavalier d’Arpino in una posa ieratiche e severa, che rimanda alla produzione pittorica degli anni venti. 

Collocazione 

L’opera è collocata nel catino absidale della basilica di Santa Maria Salomè a Veroliall’interno di una  cornice in gesso dorato sorretta da due putti, che risale al  settecento. Originariamente, come risulta dalla descrizioni  redatta in occasione della Visita del Vescovo Francesco  Lombardi del 1656, la pala era di forma rettangolare,  collocata sempre nella parte absidale della chiesa e  sull’altare maggiore. Il discorso artistico che andava ad  instaurarsi vedeva la pala di Santa Salomè al centro, le  statue dei santi Giacomo e Giovanni ai lati dell’altare ed una madonna in stucco in alto. La pala si deduce già in loco da  quanto si legge nel resoconto della Visita del Vescovo  Baglione Corradini nell’aprile del 1627, che riporta:  <<Visitò l’altare maggiore e lo trovò decorosamente  ornato>>. 

I rinnovamenti settecenteschi

I rinnovamenti settecenteschi (che coincidono  con l’attuale aspetto della chiesa) mutano l’impianto  artistico, senza stravolgere i rapporti tra i vari personaggi.  Infatti, sebbene la pala venne spostata leggermente più in  alto e collocata all’interno della sontuosa cornice dorata, ai  lati dell’abside vennero disposte che ritraggono i santi figli Giacomo e Giovanni. Inoltre, sebbene il Rottgen indichi genericamente lo spostamento della pale nel settecento, è probabile che  questo sia avvenuto attorno al 1742. Il vescovo  Tartagni volle quindi far costruire l’altare maggiore e la  confessione con marmi preziosi e alabastro. Questi diventarono lo scrigno delle reliquie di Sàlome e dei suoi compagni martiri Biagio e Demetrio. 

Lo stile del Cavalier d’Apino al momento della realizzazione dell’opera 

La pala del Cesari raffigura Maria Salomè, santa è particolarmente venerata a  Veroli. Secondo la tradizione Salomè sarebbe giunta a Veroli e nel 1209 furono rinvenuti i suoi resti nel luogo ove  è edificata l’attuale basilica. La pala rientra in una produzione  artistica del Cavalier D’Arpino limitata a pale d’altare e  quadretti dal contenuto biblico o mitologico. Dal 1620 il  Cesari sviluppa uno stile severo, con figure immobili e ieratiche rifacendosi quasi a forme paleocristiane . L’orientamento  bizantineggiante ed il gusto figurativo paleocristiano  trovano coerenza con l’arte romana attorno al 1600, sotto  l’influsso del cardinale Baronio. 

La pala 

La Pala d'altare della chiesa di Santa Maria Salomè che raffigura l'omonima santa

Questa tendenza è dimostrata dalla pala di Salomè, vicina pure alla pala del  San Michele ad Arpino dello stesso periodo. Il tardo stile  manieristico sembra spingere l’autore ad abbandonare la  retorica dei gesti ed a concentrarsi sulla scelta cromatica.  Una scelta costituita da tonalità delicate, ma fredde con  accordi di grigio- azzurro e giallo-oro. Assieme alle statue  dei santi Giacomo e Giovanni e dai successivi dipinti che le  sostituirono, il dipinto interpreta la liturgia pasquale. Infatti, la seguace di Gesù compare sull’altare, come se fosse la  mattina di Pasqua, con la pisside contenente gli unguenti  nella mano sinistra e con la mano destra aperta ad indicare il sepolcro vuoto. Quest’ultima sporge dal mantello in  maniera un po’ infelice e troppo in basso. Ciò, riconduce  alla levatrice Salomè (identificata con Maria Salomè) che,  secondo il protovangelo di Giovanni, nei capitoli 19 e 20,  avrebbe dubitato della verginità di Maria durante il parto,  per questo la sua mano si sarebbe seccata, ma guarì dopo  aver toccato Gesù. 

I restauri

L’opera ha subito due diversi restauri,  uno da riferirsi al 1973 in occasione delle mostre (tenute  rispettivamente ad Arpino ed a Roma a Palazzo Venezia ).  L’altro restauro, probabilmente più incisivo, è del 1980 e  dalla perizia di spesa risulta che il dipinto è stato: foderato  su una nuova tela, consolidato il colore, pulito, stuccato,  reintegrato nella superficie pittorica e verniciato secondo le indicazioni del direttore del Consorzio Associato di Nuovi  restauratori, che nel 1980 era Spada Laura.

Bibliografia 

G. D’Onorio – G. Trulli, Veroli un percorso di storia e di arte, Veroli 2014, pp.116-117.

H. Röttgen, Modello storico, modus e stileIl ritorno dell’età paleocristiana attorno al 1600, in Arte e committenza nel Lazio nell’età di Cesare Baronio, a cura di P. Tosini, 2007, pp. 38 -39.

H. Röttgen, Il Cavalier Giuseppe Cesari D’Arpino, Roma, 2002, pp.169-177; p. 443

F. Mancini, Santa Salome e Veroli…quasi la storia, Alatri, 1997, pp. 348-352.