
Nel sermone precedente abbiamo ripercorso i fatti che hanno preceduto la prigionia di Gesù e, come abbiamo promesso, commenteremo ora, con l’aiuto della grazia divina, lo svolgimento stesso della Passione.
I figli delle tenebre si sono gettati sulla vera Luce
Nella sua sacra preghiera (cfr. Gv 17), il Signore aveva chiarito molto bene che in Lui esistevano in modo pienissimo e verissimo due nature: l’umana e la divina. Da una Gli veniva il desiderio di non soffrire, dall’altra, quello di soffrire.
Avendo, tuttavia, scacciato il timore proprio della debolezza e confermato la grandezza della forza, riprese la risoluzione degli eterni disegni e oppose alla furia del demonio, esercitata attraverso gli ebrei, la sua condizione di Servo in cui non esisteva nulla del peccato. In questo modo, la causa di tutti sarebbe stata avvocata dall’Unico nel quale c’era la natura di tutti esente dal peccato.
San Leone Magno, di Bernardino Campi |
E i figli delle tenebre, dunque, si gettarono sulla vera Luce. Sebbene usassero torce e lanterne, non sfuggirono all’oscurità della loro infedeltà non riconoscendo l’Autore della luce. Presero Colui che si disponeva a essere arrestato, portarono via Colui che Si lasciava portare via. Se avesse voluto resistere, sarebbero diventate impotenti le mani empie, ma la Redenzione del mondo sarebbe stata ritardata. Senza sofferenza, nessuno avrebbe salvato Colui che venne a morire per la salvezza di tutti.
Consentendo a che Lo facessero soffrire tutto quanto osava il furore della plebaglia istigata dai sacerdoti, fu condotto da Anna, suocero di Caifa, e subito dopo rispedito a Caifa su ordine di Anna. Dopo le accuse infamanti fatte contro di Lui e le false testimonianze di persone corrotte, una delegazione dei pontefici Lo condusse al tribunale di Pilato. […]
Il Signore fu consegnato alla furia dei suoi nemici
Vinto dalla insania della turba implacabile, Pilato lasciò che Gesù fosse tormentato da smisurati oltraggi e ingiurie innominabili. Poi Lo presentò alla folla, flagellato, incoronato di spine e rivestito con un manto di scherno.
Senza alcun dubbio, così agì perché riteneva che avrebbe placato l’animo dei suoi nemici, e che questi, soddisfatti nel loro odio invidioso, avrebbero smesso di perseguitare Colui che vedevano già così maltrattato. Si aizzò, tuttavia, l’ira di coloro che chiedevano urlando la liberazione di Barabba e la crocifissione di Gesù. “Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli” (Mt 27, 25), ruggiva all’unisono la moltitudine. Allora i malvagi ottennero, per la loro stessa condanna, quello che ostinatamente esigevano. […]
Fu, dunque, il Signore consegnato alla furia dei suoi nemici e questi, per farsi beffe della sua dignità regale, Lo costrinsero a portare la Croce. Si compiva così la previsione di Isaia: “Poiché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il segno della sovranità” (Is 9, 5).
Il Signore caricò quindi su di Sé il legno della Croce, che per Lui si sarebbe convertito in scettro di potere. Per gli empi questo era oggetto di irrisione, ma agli occhi dei fedeli si manifestava un grande mistero, poiché il gloriosissimo vincitore del demonio e l’onnipotente schiacciatore delle forze avverse, splendente di bellezza, portava il trofeo del suo trionfo.
Con invincibile fermezza, ostentava sulle sue spalle, per l’adorazione di tutti i popoli, lo stendardo della salvezza. Col suo esempio, fortificava tutti i suoi seguaci, come a dire loro: “Chi non prende la sua croce e non Mi segue, non è degno di Me” (Mt 10, 38). […]
Fonte di tutte le benedizioni, causa di tutte le grazie
O mirabile potenza della Croce! O ineffabile gloria della Passione! Qui si trova il tribunale del Signore, il giudizio del mondo, la potenza del Crocifisso.
Hai effettivamente attirato tutto a Te, Signore, e mentre tendevi per tutto un giorno le tue braccia a un popolo miscredente che Ti contraddiceva (cfr. Is 65, 2; Rom 10, 21), il mondo intero fu toccato dalla luce divina per proclamare la tua maestà.
Hai attirato tutto a Te, o Signore, quando, per esecrazione al crimine commesso contro di Te, tutti gli elementi proferivano la stessa sentenza: hanno oscurato gli astri celesti, trasformando il giorno in notte; movimenti insoliti hanno scosso la terra e l’intera creazione ha ripudiato gli empi.
Hai attirato tutto a te, o Signore, perché, quando si squarciò il velo del Tempio, il Santo dei Santi si separò dagli indegni pontefici, affinché la figura si trasformasse così nella realtà; la profezia, nella manifestazione; e la Legge nel Vangelo.
Hai attirato tutto a Te, o Signore, affinché quello che si celebrava soltanto nel tempio della Giudea, sotto ombrosi simbolismi, passasse a essere celebrato in tutte le nazioni dell’universo, mediante un sacramento perfetto e manifesto.
Infatti, ora l’ordine dei leviti è più illustre, più ampia la dignità degli anziani e più sacra l’unzione dei sacerdoti, poiché la tua Croce è la fonte di tutte le benedizioni e la causa di tutte le grazie. Per essa è data ai credenti la forza invece della debolezza, la gloria al posto dell’obbrobrio, la vita in cambio della morte.
Ora che è cessata la varietà dei sacrifici carnali, l’oblazione unica del tuo Corpo e del tuo Sangue rende superflue tutte le altre vittime, poiché tu sei il vero “Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo” (Gv 1, 29).
In Te perfezioni tutti i misteri, affinché tutti i popoli formino un unico Regno, come uno solo è il sacrificio.
“Coloro che vivono, non vivano più per se stessi”
Confessiamo, pertanto, quello che il beato maestro delle nazioni, Paolo Apostolo, confessò con una voce gloriosa: “Questa parola è sicura e degna di essere da tutti accolta: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori” (1 Tim 1, 15).
Per questo, qui la misericordia di Dio è più meravigliosa verso di noi, perché Cristo non è morto per i giusti né per i santi, ma per gli iniqui e gli empi. E poiché la natura divina non poteva ricevere il pungiglione della morte, Egli nacque da noi per assumere quello che avrebbe offerto per noi. Con la potenza della sua Morte, Egli minacciava un tempo la nostra morte, dicendo attraverso le labbra di Osea: “O morte, sarò la tua morte; o inferno, sarò la tua distruzione” (13, 14, Vulgata).
Morendo, Si sottomise Egli di fatto alle leggi dell’inferno, ma, resuscitando, le abolì. Così distrusse la perpetuità della morte, trasformandola da eterna a temporanea. “e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo” (1 Cor 15, 22).
In questo modo, dilettissimi, si faccia quello che dice l’Apostolo Paolo: “Quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risuscitato per loro” (2 Cor 5, 15). Ora, siccome le cose antiche sono passate e tutto si è fatto nuovo, nessuno rimanga nella vetustà della vita carnale, ma tutti noi, progredendo giorno per giorno, rinnoviamo noi stessi con l’aumento della pietà. Infatti, per quanto uno possa essere giustificato, fin tanto che sarà su questa terra avrà la possibilità di essere più eccellente. Chi non progredisce, regredisce; chi non guadagna nulla, perde qualcosa.
Abbiamo cura, pertanto, di correre nella cadenza della fede, con le opere di misericordia, con l’amore per la giustizia, affinché, celebrando spiritualmente il giorno della nostra Redenzione, “non con il lievito vecchio, né con lievito di malizia e di perversità, ma con azzimi di sincerità e di verità” (1 Cor 5, 8), meritiamo di partecipare alla Risurrezione di Cristo, che vive e regna con il Padre e lo Spirito Santo per tutti i secoli. Amen. (Rivista Araldi del Vangelo, Aprile/2019, n. 191, p. 06-07)
San Leone Magno. Passi dal Sermone LIX, sulla Passione del Signore: PL 54, 337-342
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