All’inizio di quest’anno è stato dato nuovamente alle stampe un prezioso volume da troppo tempo fuori commercio: si tratta della raccolta di lettere dello scrittore britannico John Ronald Reuel Tolkien, l’autore della celebre saga del Signore degli Anelli.

Il libro – pubblicato da Rusconi nel 1981 e intitolato La realtà in trasparenza, successivamente riedito da Bompiani, e, a gennaio del 2018, riportato in libreria dalla stessa casa editrice con il titolo Lettere (1914-1973) – oltre a rappresentare un’utile mappa per affrontare il viaggio nel complesso e affascinante mondo romanzesco di Tolkien, tratteggia un suo suggestivo profilo biografico specialmente per ciò che riguarda il rapporto con i suoi quattro figli, a uno dei quali, Christopher, va ascritto il merito di aver conservato e selezionato l’epistolario del padre.

Tolkien era un genitore molto affettuoso – ed è cosa nota come mostrasse in pubblico questo amore senza reticenze, in una società che mal sopportava le manifestazioni di tenerezza fra familiari – e inviò ai quattro figli numerosissime missive, alcune delle quali creative e fantasiose, costituite da favole e racconti (famose quelle in cui si firmava “Babbo Natale”).

Qui di seguito pubblichiamo uno stralcio di una di esse, datata 1944 e indirizzata proprio a Christopher, nella quale gli raccomanda l’abitudine della preghiera.

«Ricorda il tuo angelo custode. Non una signora grassoccia con ali di cigno! Ma – almeno così penso e credo – in quanto anime dotate di libero arbitrio siamo fatti in modo da affrontare (o essere in grado di affrontare) Dio.

Ma Dio è anche (si fa per dire) dietro di noi, sostenendoci, nutrendoci (dato che siamo creature sue). Quel luminoso punto di potere dove il cordone della vita, il cordone ombelicale dello spirito termina, là è il nostro angelo, che guarda in due direzioni: a Dio dietro di noi, senza che noi possiamo vederlo, e a noi. Ma naturalmente non stancarti di contemplare Dio, nel tuo libero arbitrio e nella tua forza (che entrambi ti arrivano “da dietro”, come dicevo). Se non riesci a raggiungere la pace interiore, e a pochi è dato raggiungerla (men che mai a me) nelle tribolazioni, non dimenticare che l’aspirazione a raggiungerla non è inutile, ma un atto concreto. Mi dispiace di doverti parlare così e in modo così incerto. Ma non posso fare niente di più per te, carissimo.[…]

Se già non lo fai, prendi l’abitudine di pregare. Io prego molto (in latino): il Gloria Patri, il Gloria in Excelsis, il Laudate Dominum; il Laudate Pueri Dominum (a cui sono particolarmente affezionato), uno dei salmi domenicali; e il Magnificat; anche la Litania di Loreto (con la preghiera Sub tuum praesidium). Se nel cuore hai queste preghiere non avrai mai bisogno di altre parole di conforto. È anche bene, una cosa ammirevole, sapere a memoria il Canone della Messa, perché la puoi recitare sottovoce se qualche circostanza avversa ti impedisse di assistervi. Così “endeth Faeder lar his suna”, con tutto il mio amore».

(da La realtà in trasparenza. Lettere, a cura di Humphrey Carpenter e Christopher Tolkien, Bompiani, Milano 2001, p.77).