
Chiara nasce da una nobile famiglia nel 1194, da Favarone di Offreduccio di Bernardino e da Ortolana. La madre, recatasi a pregare alla vigilia del parto nella Cattedrale di S.Rufino, sentì una voce che le predisse:“Oh, donna, non temere, perchè felicemente partorirai una chiara luce che illuminerà il mondo”. La bambina fu chiamata Chiara e battezzata in quella stessa Chiesa. Si può senza dubbio affermare che una parte predominante della educazione di questa fanciulla è dovuta proprio alla Cattedrale di San Rufino, la sua Chiesa, dove poco distante sorgeva la casa paterna. L’ambiente familiare di Chiara era pervaso da una grande spiritualità. La madre educò con ogni cura le sue figlie e fu tra quelle dame che ebbero la grande fortuna di raggiungere la Terra Santa al seguito dei crociati. L’esperienza della completa rinuncia e delle predicazioni di San Francesco, la fama delle doti che aveva Chiara per i suoi concittadini, fecero sì che queste due grandi personalità s’intendessero perfettamente sul modo di fuggire dal mondo comune e donarsi completamente alla vita contemplativa. La notte dopo la Domenica delle Palme (18 marzo 1212) accompagnata da Pacifica di Guelfuccio (prima suora dell’ordine), la giovane si recò di nascosto alla Porziuncola, dove era attesa da Francesco e dai suoi frati. Qui il Santo la vestì del saio francescano, le tagliò i capelli consacrandola alla penitenza e la condusse presso le suore benedettine di S. Paolo a Bastia Umbra, dove il padre inutilmente tentò di persuaderla a far ritorno a casa. Consigliata da Francesco si rifugiò allora nella Chiesina di San Damiano che divenne la Casa Madre di tutte le sue consorelle chiamate dapprima “Povere Dame recluse di San Damiano” e, dopo la morte della Santa, Clarisse. Qui visse per quarantadue anni, quasi sempre malata, iniziando alla vita religiosa molte sue amiche e parenti compresa la madre Ortolana e le sorelle Agnese e Beatrice. Nel 1215 Francesco la nominò badessa e formò una prima regola dell’Ordine che doveva espandersi per tutta Europa. La grande personalità di Chiara non passò inosservata agli alti prelati, tanto che il Cardinale Ugolino (legato pontificio) formulò la prima regola per i successivi monasteri e più tardi le venne concesso il privilegio della povertà con il quale Chiara rinunciava ad ogni tipo di possedimento. Nel 1243 durante un’incursione di milizie saracene nel Monastero di San Damiano, Chiara scacciò con un atto di coraggio la soldatesca. Durante quella tempesta, che la Chiesa dovette sostenere al tempo dell’imperatore Federico in diverse parti del mondo, la val le di Spoleto dovette bere più volte dal calice dell’ira. Vi erano in essa compagnie di soldati e battaglioni di arcieri saraceni nume rosi come api, mandati, per ordine dell’imperatore, a spopolare i villaggi ed espugnare le città. In queste circostanze il furore ne fece irruzione contro Assisi, città prediletta del Signore, e già si avvicinava l’esercito alle porte della città, quando i Saraceni, gente malvagia, assetata del sangue dei cristiani, in cerca di ogni sorta di nefandezza, senza vergogna, giunsero presso San Damiano, dentro i confini del monastero, fino a dentro il chiostro delle vergini. I cuori delle dame si sciolgono dal timore, e le voci tremano dalla paura e portano i loro pianti alla madre, la quale, pur essendo malata, con cuore impavido, ordina che la conducano alla porta e che la pongano davanti ai nemici, facendola precedere dalla cassa d’argento racchiusa nell’avorio ove si conservava con gran de devozione il corpo del Santissimo. Al che, dopo essersi prostrata tutta in preghiera al Signore Cristo suo, tra le lacrime disse: «Ti fa piacere, o Signore, che le tue ancelle inermi, che ho allevato nel tuo amore, ora siano con segnate nelle mani dei pagani? Signore ti prego, custodisci queste tue serve che ora io non posso più custodire». All’improvviso alle sue orecchie risuonò una voce come di bambino, propiziatoria di una nuova grazia: «Io vi custodirò sempre». «E allora mio Signore – riprese – se ti piace, proteggi la città che ci sostenta per amor tuo». E Cristo a lei: «Sosterrà gravi prove, ma sarà difesa dalla mia protezione». Allora la vergine, alzando il volto pieno di lacrime, conforta quel le che piangevano dicendo: «Vi assicuro figliole che non soffrire te alcun male. Soltanto abbiate fede in Cristo». E non c’è molto da attendere: subito l’audacia di quei cani, respinta, si acquieta e, superando quegli stessi muri su cui erano saliti, se ne vanno in fretta, spinti dalla forza della sua preghiera. Subito Chiara ordina con cura a quelle che avevano udito quella voce predetta: «Guardatevi in ogni modo, carissime figlie, di non riferire a nessuno quel la voce, finché io sarò in vita». La fermezza di carattere, la dolcezza del suo animo, il modo di governare la sua comunità con la massima carità e avvedutezza, le procurarono la stima dei Papi che vollero persino recarsi a visitarla. La morte di San Francesco e le notizie che vari monasteri accettavano possessi e rendite amareggiarono e allarmarono la Santa che sempre più malata volle salvare fino all’ultimo la povertà per il suo convento componendo una Regola (simile a quella dei Frati Minori) approvata poi dal Cardinale Rainaldo (futuro papa Alessandro IV) nel 1252 e alla vigilia della sua morte da Innocenzo IV, recatosi a S. Damiano per portarle la benedizione e consegnarle la bolla papale che confermava la su a regola; il giorno dopo (11 agosto 1253) Chiara muore, officiata dal Papa che volle cantare per lei non l’ufficio dei morti, ma quello festivo delle vergini. Il suo corpo venne sepolto a San Giorgio in attesa di innalzare la chiesa che porta il suo nome. Nonostante l’intenzione di Innocenzo IV fosse quella di canonizzarla subito dopo la morte, si giunse alla bolla di canonizzazione nell’autunno del 1255, dopo averne seguito tutte le formalità, per mezzo di Alessandro IV.
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