Nascita dell’Ordine Cistercense: i Santi fondatori

Nel 1098, il giorno 21 marzo, festa di San Benedetto e in quell’anno anche domenica delle Palme, un gruppo di ventuno monaci benedettini, con a capo Roberto di Champagne, abate di Molesme in Borgogna, AlbericoStefano Harding, animati da spirito di saggia riforma e ripristino di un’autentica e più intensa osservanza della Regola di San Benedetto, recatisi nelle paludi della Saona a Citeaux (in latino Cistercium), fondarono un monastero, al fine di attuare il loro “sogno” spirituale. Ma la durezza dell’impresa, che implicava soprattutto la soggezione ad una vita piuttosto austera, fatta di veglie continue, digiuni e pesante lavoro manuale, sembrava far decadere e morire anzitempo il “nascente” Ordine monastico. Intervenne, però, la Divina Provvidenza, inviando in quel “santo” luogo, verso la fine del maggio 1112, Bernardo di Fontaines con una trentina di giovani, desiderosi di abbracciare quella vita, segnata dalle esigenze più profonde e radicali del Vangelo. Il gruppo, così, si trovò a vivere un’intensa esperienza spirituale, benedetta dalla Grazia, che non poteva non portare frutti. Bernardo, infatti, fu ben presto inviato a Clairvaux, dove nel giugno del 1115 fondò un nuovo monastero, cui seguirono negli anni successivi numerose altre fondazioni. San Bernardo di ChiaravalleClairvaux (nato da Aletta e Tescelino a Fontaines, presso Digione, nel 1090 e morto nel 1153 nel suo monastero di Clairvaux) divenne così l’uomo della Provvidenza, che non solo seppe dare forte impulso alla vita dell’Ordine (alla sua morte si potevano contare più di settanta monasteri, direttamente fondati dal suo potente carisma spirituale, ai quali si aggiungeranno in seguito diverse comunità affiliate), ma fu anche una robusta colonna della chiesa e della società del suo tempo. Non solo guidò egregiamente i monaci alla pratica delle virtù con l’azione e con l’esempio, ma a causa degli scismi, sorti nella chiesa, percorse l’Europa per ristabilire la pace e l’unità, facendo da “paciere” tra imperatore e re, imperatore e papa, papa e antipapa. La sua intensa predicazione in gran parte d’Europa toccò profondamente le coscienze dei suoi contemporanei. Scrisse molte opere riguardanti la teologia e l’ascetica, tra cui De gradibus humilitatis et superbiaeDe diligendo DeoDe gratia et libero arbitrioDe praecepto et dispensationeDe consideratione ad Eugenium PapamVita Sancti Malachiae; e una gran quantità di Sermones, Epistulae e Sententiae.

La Regola

La nuova Abbazia, fondata a Citeaux da Roberto e dai due co-fondatori Alberico e Stefano, non poteva non rifarsi che alla Regola di San Benedetto, non però con un attaccamento ad un litteralismo insipiente, ma attraverso uno sforzo continuo di attingere in essa l’ideale evangelico fondamentale, ossia la ricerca di Dio tramite la preghiera e il lavoro. Divisa in 73 capitoli, introdotti da un prologo, attraverso i quali è disciplinata la vita di tutti coloro che intendono abbracciare l’ideale cenobitico, e attingendo in larga misura dalla spiritualità della Chiesa primitiva, dalla Sacra Scrittura e dall’esperienza dei Santi Padri, la Regola rappresentava davvero il cuore dell’esistenza benedettina. Pur tuttavia, sembrò bene ai Padri fondatori del nuovo Ordine di rendere più specifico lo spirito del rinnovamento cistercense, promovendo disposizioni tese alla salvaguardia della povertà e della quiete monastica. Nasce così la cosiddetta Charta Caritatis, stilata da Stefano Harding e divisa in 12 capitoli, introdotti da un prologo, che rappresenta il documento base dell’Ordine. Si tratta di principi finalizzati a tutelare la povertà e la pace monastica, nonché l’unione e la concordia tra le Abbazie, sostituendo alla subordinazione feudale la libertà nella carità e nel principio di sussidiarietà. Il documento fu, infatti, denominato Carta di Carità, perché lo statuto, respingendo ogni gravame di esazione, “persegue unicamente la carità e il bene delle anime sia nelle cose divine che in quelle umane”.