La Santa Chiesa Cattolica ha sempre visto San Girolamo come un uomo scelto da Dio per spiegare e far capire meglio la Sacra Bibbia. Per questo è stato dichiarato Patrono di tutti coloro che nel mondo si dedicano a far capire e amare di più
la Parola di Dio registrata nelle Sacre Scritture.

“E le porte degli inferi non prevarranno contro di essa”! È nei periodi conturbati per la Chiesa che sorgono le grandi guide. Il periodo che si trova tra la fine del IV secolo e la metà del V secolo fu uno di questi periodi. Errori ed eresie abbondavano nel seno della Cristianità. Quindi sorsero grandi luminari della santità e della scienza: Sant’Ilario di Poitiers, Sant’Ambrogio, di Milano, il grande Sant’Agostino. C’era ancora un altro luminare, che con i precedenti, formò l’insieme dei “Santi Padri della Chiesa”: San Girolamo, la cui festa si celebra il 30 settembre, il “mese della Bibbia”.

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Girolamo di Stridone

Girolamo nacque nel 342. Era figlio di Eusebio, della città di Stridone, già ai confini tra la Pannonia e la Dalmazia, in terre non lontane da Aquileia, in Italia. La sua famiglia era cristiana, nobile e ricca. Seguendo le usanze dell’epoca, fu battezzato soltanto a 18 anni, tuttavia ebbe un’educazione cristiana fin da bambino.

Suo padre percepì presto le attitudini precoci di Girolamo verso lo studio e attese soltanto che arrivasse all’adolescenza per mandarlo a studiare a Roma. Lì, usando la piccola fortuna datagli da suo padre, cercò i migliori maestri. Ebbe una giovinezza abbastanza libera.

Nel centro del mondo civilizzato di allora, il giovane si dedicò con molto impegno agli studi della grammatica, della retorica e della filosofia. Studiò il latino con un famoso professore di lingue pagano chiamato Donato.

Girolamo divenne un grande latinista ed anche un bravo conoscitore del greco e di altre lingue.

Girolamo e i classici romani e greci

Egli dedicava ore ed ore dei suoi giorni a leggere, a studiare e persino a imparare a memoria libri di grandi autori latini: Cicerone, Virgilio, Orazio, Tacito, e trovava ancora disposizione per conoscere gli autori greci, tra cui Omero e Platone. Talmente grande era il suo entusiasmo e la sua ammirazione per gli scrittori classici che presto formò una biblioteca soltanto con le loro opere, arrivando persino a copiare a mano diversi di questi libri.

Dedicando così tanto tempo a questi autori, non trovava quasi mai occasioni per le letture cristiane. Nonostante si trovasse in questa situazione per nulla conveniente, tuttavia, non aveva rotto con i principi che aveva conosciuto nell’infanzia, non aveva tagliato del tutto i legami con le sue radici cristiane.

Fu certamente la sua inesperienza giovanile che lo portò a tuffarsi senza censura nell’ambiente mondano e dissoluto della Roma del suo tempo. Più che un fuorviato esasperato, egli fu una vittima del modismo dell’epoca.

Molto tempo dopo, Girolamo ammise che questo comportamento lo aveva allontanato dal suo vero cammino. Ciò nonostante, egli ricordava anche che Dio non lo aveva mai abbandonato e che lo guidava costantemente. Fu in quell’occasione che egli divenne catecumeno. Continuava i suoi studi e si preparava per essere battezzato. Spesso trascorreva le sue domeniche a Roma visitando le catacombe. Lì meditava sulla fede dei martiri, ammirava il loro atteggiamento e venerava le loro reliquie.

Girolamo battezzato

Girolamo ricevette il santo battesimo nell’età adulta. Fu battezzato dal Papa Liberio. Già come cristiano, fece un viaggio di studi per le Gallie. Per accompagnarlo portò con sé suo fratello di latte Bonoso.

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In quel viaggio a Treveris, decise di affidarsi al servizio di Dio e, dopo aver conosciuto lì una delle più famose accademie che esistevano in Occidente, continuò il suo viaggio.

Si recò prima in Grecia, in seguito visitò parte del Medio Oriente. In quei luoghi, in una regione desertica vicino ad Antiochia, visse alcuni anni in piena solitudine.

In quell’occasione aveva già iniziato a indirizzare i suoi studi verso altre aree del sapere umano, al di fuori dei classici. Allora approfittò del suo tempo per studiare ebraico con un ebreo convertito. La sua intenzione era quella di poter studiare le Sacre Scritture nel loro idioma originale. Ciò non fu facile. Soltanto il fine a cui ora destinava ai sui studi e il suo costante desiderio di conoscenza lo mantennero nel suo intento.

Arrivò ad affermare: “Dio solo sa le fatiche che ciò mi ha causato e gli sforzi che mi sono costati. Quante volte mi sono scoraggiato e quante volte ho desistito e sono tornato grazie al desiderio di sapere; lo so io quello che ho sofferto, e lo sanno anche coloro che vivevano in mia compagnia. Adesso rendo grazie al Signore, perché colgo i saporiti frutti delle radici amare degli studi” (P. José Leite, Santos de Cada Dia, Editorial Apostolado da Oração, Braga, 1987, vol. III, p. 104.)

Girolamo: tentazioni e consolo

In quel periodo, le difficoltà e le fatiche che questi studi gli recavano non erano la sola sofferenza che ebbe. Gli fu necessario affrontare un nemico più sottile, intelligente e cattivo.

Dio permise che il demonio lo torturasse. A ogni istante il maligno lo assaliva con tentazioni e desideri immondi contro il sesto comandamento. Per combatterli Girolamo si affidava alla preghiera e alla penitenza. Erano digiuni che a volte duravano intere settimane. Ma Dio non lo abbandonava”.

In mezzo alle tentazioni, il Signore lo consolava: “dopo aver pianto molto e aver contemplato il cielo, mi accadeva a volte di essere introdotto all’interno dei cori degli angeli. Pazzo di gioia, io cantavo… (P. José Leite, Santos de Cada Dia, Editorial Apostolado da Oração, Braga, 1987, vol. III, p. 105)

Cristiano, no: Ciceroniano!

Girolamo volle visitare Gerusalemme. Voleva camminare sulla Terra Santa, venerare i luoghi che erano stati santificati dalla presenza di Nostro Signore. Colse l’occasione del suo soggiorno a Gerusalemme per approfondire le sue conoscenze della lingua ebraica, egli desiderava avere un mezzo in più per conoscere meglio le Sacre Scritture. In questo modo sarebbe stato più sicuro delle risposte alle domande che il Papa San Damaso gli faceva costantemente riguardo i passi difficili dei Libri Sacri.

Tuttavia leggere la Sacra Scrittura non gli recava piacere. Per Girolamo il testo biblico era troppo semplice e non aveva ornati… Si era impegnato nella lettura dei classici latini e greci e si era abituato “all’eloquenza” e “all’eleganza” della letteratura in stile pagano. Sentiva molta aridità nella lettura della Bibbia. Nonostante fosse un saggio per il mondo, un conoscitore con ampia visione delle scienze di allora, continuava cieco alle cose più elevate, le cose divine.

Affinché potesse cambiare vita fu necessario che Dio stesso richiamasse la sua attenzione. Girolamo, anni più tardi, raccontò in una lettera ad una delle sue discepole, Santa Eustochia, ciò che gli accadde:

Correva l’anno 374, egli si trovava in Antiopia e faceva austere penitenze. In preghiera Girolamo ebbe una visione. Era stato portato in cielo e si vedeva davanti al Giudizio di Dio. Nostro Signore Gesù Cristo stesso presiedeva il Tribunale e lo interrogava sul suo stato d’animo e sulla sua Fede.
Sono cristiano. Risponde Girolamo. E il Giudice replicò severo:

Menzogna!…Tu non sei cristiano, ma ciceroniano…

Ciò sarebbe stato lo stesso che dire: “Non siete di Cristo, siete di Cicerone”.

Il Giudice ordinò che fosse fustigato. I testimoni chiesero pietà argomentando che egli era ancora giovane e avrebbe potuto correggersi, pentirsi e salvarsi. Dinanzi a ciò che gli succedeva, Girolamo riconobbe lo stato d’animo in cui si trovava e in questa situazione fece l’unica cosa che gli sarebbe stata conveniente: riconobbe il suo errore, chiese perdono.

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Percepì che era stato perdonato, quindi in quell’istante fece il fermo proposito di correggersi, uscendo da quello stato di riflessione pieno di compunzione, molto pentito e colmo dell’amore di Dio.

“Da quel momento mi impegnai con molta diligenza e attenzione a leggere le cose divine come non avevo mai fatto con quelle umane”, concluse il Santo nella sua lettera a Santa Eustachia. (Pe. Ribadaneira, in La Leyenda de Oro, op. cit., p. 644)

Girolamo convive con i Santi

Girolamo si ritirò quindi nel deserto del Chalcis, in Siria e vi trascorse quattro anni. Conduceva una vita da monaco e approfittò di quel periodo per approfondire le sue conoscenze di ebraico e per studiare gli scritti di San Paolo di Tebe. Lasciò l’ambiente monacale e si diresse verso Costantinopoli. Voleva vedere e ascoltare San Gregorio Nanzianzeno. Grazie alla sua oratoria e alla sua erudizione, questo Santo era noto come “il Teologo”.

Rimase lì tre anni a studiare con San Gregorio. Fu San Gregorio che gli aprì lo spirito all’amore per la esegesi delle Sacre Scritture. Fu in quella occasione che Girolamo ebbe l’opportunità di fare una grande e profonda amicizia con altri due luminari che brillavano nella Chiesa dell’Oriente: San Basilio e suo fratello San Gregorio di Nissa.

Girolamo Sacerdote

Egli stette per qualche tempo anche in Antiochia della Siria dove servì il Vescovo Paolino che lo incentivò a ricevere il sacramento dell’Ordine.

Aveva più di trent’anni quando divenne sacerdote. Ottenne condizioni speciali di vita sacerdotale. Avrebbe potuto continuare la sua vita come monaco e non essere sottomesso alla giurisdizione di nessuna diocesi. Non svolse quasi mai il ministero sacerdotale. Divenne un monaco per il quale l’isolamento monacale era occasione per una dedizione totale allo studio, alla riflessione, alla preghiera, avendo come obiettivo la diffusione del cristianesimo.

Gli fu possibile in quella occasione, con molta difficoltà, studiare l’ebraico e perfezionare le sue conoscenze del greco, con lo scopo di poter capire meglio le scritture nelle sue lingue originali.

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Girolamo pensò di ritirarsi nel deserto per pentirsi dei suoi peccati. Voleva soprattutto sacrificarsi per allontanare da sé le forti tendenze e i grandi desideri che lo spingevano alla sensualità. In quel luogo di silenzio e di isolamento, egli pregava. Digiunava molto e passava le notti senza dormire, in preghiere e sacrifici. Tuttavia, non trovò la pace. Dio gli riservava l’incontro con una scoperta: la sua missione non era vivere in solitudine. Girolamo tornò a Roma.

Girolamo segretario del Papa

A causa del modo di essere e della mentalità dei popoli orientali, nella Chiesa dell’Oriente c’erano diversi ambienti in cui gli errori dottrinari trovavano terreno propizio dove svilupparsi. Le eresie si diffondevano e causavano confusione in tutto il corpo sociale.

La situazione era tale che si rese necessaria una reazione dell’autorità spirituale e di quella temporale. Esse dovevano unirsi per difendersi dagli errori che vi abbondavano. A questo proposito l’Imperatore Teodosio e il Papa San Damaso decisero di convocare un sinodo a Roma.

Il segretario dell’evento avrebbe dovuto essere Sant’Ambrogio, però il colto e famoso vescovo di Milano si ammalò gravemente. Per sostituirlo il Papa invitò Girolamo. Egli svolse questo incarico con grande eficienza e saggezza. Riconoscendo le sue doti straordinarie e il suo grande sapere, il Papa San Damaso volle averlo accanto a sé e lo nominò suo segretario non appena si concluse il sinodo.

Nominato segretario, Girolamo divenne l’incaricato a redigere le lettere inviate dal Pontefice. Aveva un altro compito molto importante all’interno del governo della Chiesa: “quello di rispondere a tutte le domande che riguardavano la religione, di chiarire le difficoltà delle chiese particolari [diocesi], delle assemblee sinodali, di prescrivere a coloro che ritornavano dalle eresie ciò che dovevano credere o no, e di stabilire a questo scopo regole e formule” (Les Petits Bollandistes, Vies des Saints, d’après le Père Giry, par Mgr. Paul Guérin, Bloud et Barral, Libraires-Éditeurs, Paris, 1882, tomo XI, p. 565)

Girolamo e le Sacre Scritture

Il Papa voleva avere una traduzione della Bibbia che fosse il più possibile fedele ai testi originali.

I testi biblici esistenti fino ad allora, avevano imperfezioni di linguaggio e imprecisioni di traduzione. Il Papa percepiva la necessità di una traduzione che fosse un testo unico e uniforme che servisse come base nella liturgia, negli studi e nelle preghiere dei fedeli, giacché le versioni popolari erano imperfette e passibili di confusione tra i fedeli.

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Fu allora che il Papa San Damaso incaricò San Girolamo di tradurre il testo delle Sacre Scritture in latino. Il Papa sapeva che il suo segretario sarebbe stato in condizione di portare a termine questo importante progetto. Aveva già avuto prove della profonda conoscenza che Girolamo aveva dei testi biblici. La sua fama di latinista erudito e esperiente poliglotta era nota a tutti. Oltre al latino, egli conosceva bene il greco e l’ebraico e capiva bene anche l’aramaico, lingue molto legate ai testi Sacri.

Il lavoro di San Girolamo occupò quasi tutta la sua vita. Scriveva con classica eleganza il latino e tradusse tutta la Bibbia. Da questo lavoro nacque il testo della Bibbia noto come “Vulgata”, che significa “di uso comune”. Questa traduzione fu ampiamente usata per quasi quindici secoli. Il suo testo divenne ufficiale con il Concilio di Trento e cedette il suo posto soltanto negli ultimi tempi, dopo gli studi linguistici esegetici più recenti.

Nel lavoro lasciato da San Girolamo, egli mostra il suo acuto senso critico, un amore straordinario per la Parola di Dio ed una grande ricchezza di informazioni sui tempi, sui costumi e sui luoghi riguardanti la Sacra Bibbia. Papa Clemente VIII affermò che San Girolamo, in questo lavoro di somma importanza, fu assistito e ispirato dallo Spirito Santo.

La dedizione straordinaria che San Girolamo ebbe nella traduzione delle Sacre Scritture può avere, di fatto, soltanto un motivo di origine soprannaturale. E ciò si conferma nel vedere le spiegazioni date da lui stesso nel giustificare il proprio impegno in questo importantissimo lavoro: “Compio il mio dovere, obbedendo ai precetti di Cristo che dice: ‘Esaminate le Scritture e cercate e troverete’ affinché non dobbiate sentire ciò che fu detto agli ebrei: ‘Vi siete sbagliati, perché non conoscete le Scritture né il potere di Dio’. Se di fatto, come dice l’Apostolo Paolo, Cristo è il potere di Dio e la saggezza di Dio, colui che non conosce le Scritture non conosce il potere di Dio e neanche la sua saggezza. Ignorare le Scritture vuol dire ignorare Cristo”. (Pe. José Leite, op. Cit., p. 106.)

Girolamo perseguitato a Roma

Fino alla morte di San Damaso occorsa nell’834, Girolamo rimase a Roma. “Tutti andavano da lui, ognuno cercava di guadagnare la sua simpatia: certi lodavano la sua santità, altri la dottrina, altri la sua dolcezza e il tratto soave e benigno, ed infine, tutti lo guardavano come in uno specchio di virtù, di penitenza, e oracolo di saggezza”. (Pe. Ribadaneira, op. cit. p. 645.)

A Roma si creò, intorno a Girolamo, un ampio cerchio di amicizie, soprattutto di matrone dell’alta società, che lo aiutavano con risorse economiche per finanziare i suoi lavori, e che lo guidavano negli aspri cammini della santità di carattere monastico.

Tuttavia, gli alti incarichi che svolgeva, la durezza con cui doveva correggere i difetti esistenti nel seno dell’alta classe sociale, gli recarono anche ogni tipo di invidia. A Roma, dove non accettavano il suo modo energico di correzione, Girolamo si sentiva incompreso e calunniato. Dopo la morte del Papa San Damaso, i nemici di San Girolamo iniziarono una vera campagna di diffamazione e persecuzione contro di lui.

Girolamo cambia Roma per Betlemme

Talmente negativo era l’ambiente che si era creato a Roma contro Girolamo che egli decise di allontanarsi dalla Città Eterna, e si recò definitivamente in Terra Santa. Si stabilì a Betlemme, dove rimase con Sant’Eustachio, Santa Paola e sua figlia Eudossia e con altri seguaci, a predicare in Palestina e in Egitto.

Diverse ricche signore romane che si erano convertite attraverso i suoi insegnamenti e consigli, lo accompagnarono e andarono ad abitare presso la Grotta del Presepe, sotto la sua guida spirituale. Sotto la direzione del Santo, fondarono un monastero maschile e uno femminile, quest’ultimo diretto da Santa Paola. Queste signore avevano venduto tutto ciò che possedevano a Roma. Con i soldi ricavati aiutarono San Girolamo nella costruzione di un convento per uomini e tre per le donne, oltre a costruire una casa per accogliere pellegrini che arrivavano da tutte le parti del mondo per visitare il luogo in cui era nato Gesù.

San Girolamo però viveva una vita da monaco, con rigide penitenze. Trascorse i suoi ultimi 35 anni in un grande covo, vicino alla Grotta del Presepe. In quel luogo continuò fino alla morte i suoi studi e i lavori biblici. Con molta energia scriveva ancora contro gli eretici che si azzardavano a negare le verità della Santa Chiesa Cattolica, tra cui Elvidio e Gioviano.

San Girolamo e Sant’Agostino

Vi fu un principio di polemica tra i due grandi Dottori della Chiesa, Sant’Agostino e San Girolamo. Però tutto fu chiarito: si trattava di un malinteso tra questi due luminari del cristianesimo. Tutto fu spiegato, le cose si misero in ordine e un’amicizia che non si era mai sciolta continuò piena di rispetto. Essi continuarono uniti fino alla morte, sarebbe meglio dire persino in Cielo.

San Girolamo diceva che Sant’Agostino era “suo figlio per l’età, e suo padre in dignità”, visto che era Vescovo. Da parte sua, il Vescovo di Ippona gli scrisse: “Ho letto due vostri scritti che mi sono capitati tra le mani e li ho trovati così ricchi e pieni che non vorrei altro che, per approfittarne nei miei studi, stare sempre accanto a voi”. (7 – Edelvives, El Santo de Cada Día, Editorial Luis Vives, S.A., Saragoça, 1955, tomo V, p. 307.)

Il 30 settembre 420 morì San Girolamo. Era molto anziano e morì cresciuto in virtù. Lo stesso giorno, in una visione, apparve a Sant’Agostino e descrisse come era lo stato delle anime beate in Cielo…

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Il Leone di San Girolamo

Un certo pomeriggio, come facevano ogni giorno nelle ore canoniche, i monaci erano riuniti ad ascoltare le lezioni della giornata. San Girolamo si trovava tra di loro e ascoltava attento. Improvvisamente tutti si resero conto che un leone si avvicinava. Vi fu una corsa generale. San Girolamo mantenne la calma: fu l’unico. Si alzò e si avvicinò a quell’ospite non invitato…

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Era un animale enorme che usava soltanto tre zampe per camminare. La quarta zampa la teneva in alto. Era ovvio che il leone non avrebbe potuto parlare, ma dava l’impressione di voler comunicare qualcosa e offrì a Girolamo la zampa che portava sollevata. Il monaco la esaminò e si rese conto che l’animale era gravemente ferito.

Girolamo chiamò il meno timoroso dei monaci per aiutarlo a pulire e curare la ferita in carne viva, infetta e ancora piena di spine. Girolamo curò l’animale, gli tolse le spine e lo medicò con unguenti. L’animale guarì.

Le cure offerte all’animale ammansirono la “bestia”. Il leone passò allora a camminare pacificamente per il monastero. Ovunque si trovasse San Girolamo, insieme a lui si trovava l’animale che si comportava come un animale domestico.

Girolamo mostrò ai monaci una prima lezione tratta dall’accaduto: “Pensate a questo e voi potrete trovarvi lezioni di vita. Io credo che non sia stato tanto per la cura della sua zampa che Dio lo inviò fino a noi, perché il leone si sarebbe curato senza il nostro aiuto. Dio ci inviò questo leone per mostrare quanto la Provvidenza era ansiosa di farci avere ciò di cui abbiamo bisogno per il nostro bene”.

Il giumento fu rubato o mangiato dal Leone?

I monaci suggerirono allora che il leone fosse usato per accompagnare e proteggere il giumento che portava la legna per il monastero. E fu così per molto tempo: il leone curava il giumento mentre questo lavorava.

Un giorno però, il leone dormì mentre il giumento pascolava, e alcuni mercanti che passavano lo rubarono. Il leone si svegliò e cominciò a cercare il giumento. Cercò per tutta la giornata senza trovarlo. Tornò nel monastero e rimase davanti al portone. Sembrava fosse consapevole della sua colpa: non aveva più l’andatura imponente che sembrava avere quando camminava accanto all’asinello.

Alcuni monaci conclusero che il leone aveva mangiato il giumento. E si rifiutarono di alimentarlo, dicendogli di tornare per mangiare ciò che avanzava della sua vittima. Era stato il leone ad aver ucciso il giumento? Girolamo ordinò che andassero a cercare la carcassa del giumento. Non trovarono nulla e non videro alcun segno di violenza.

Quando San Girolamo venne a saperlo disse: “Sono triste per la perdita dell’asino, ma non fate ciò al leone. Trattatelo come prima, dategli da mangiare. Esso farà il lavoro del giumento: dovrà portare sul suo dorso la legna di cui abbiamo bisogno”. E così fu.

Un Leone che compie la volontà di Dio

Il leone svolgeva regolarmente il suo lavoro, ma continuava a cercare il suo vecchio compagno. Un giorno, dall’alto di una collina, vide sulla strada alcuni uomini su dei cammelli e uno di loro su un giumento.

Il leone gli andò incontro. Avvicinandosi, riconobbe il suo vecchio compagno e cominciò a ruggire. I mercanti spaventati corsero lasciando il giumento, i cammelli e il carico che portavano. Come avrebbe fatto un cane pastore, il leone condusse gli animali verso il monastero.

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Quando i monaci videro quella insolita sfilata corsero da San Girolamo, che andò fino al portone e lo aprì dicendo: “Scaricate i cammelli e il giumento, lavate le loro zampe e date loro da mangiare. Aspettiamo per vedere cosa voleva mostrare Dio a questo suo servo quando ci diede il leone”.

Fidati della tua Pecora

I monaci seguirono le istruzioni di Girolamo. Il leone cominciò a ruggire di nuovo e a muovere la coda allegramente. Dispiaciuti a causa di ciò che avevano pensato del Leone, ricordarono un pensiero noto nella regione: “Fratello, fidati della tua pecora, anche se per qualche tempo ti sembrerà un avido ruffiano. Dio farà un miracolo per guarire il suo carattere”.

Girolamo, a conoscenza di ciò che sarebbe successo, disse: “Fratelli miei, preparate una buona acqua, bibite e frutta perché arriveranno nuovi ospiti che dovranno essere trattati bene”. Ciò fu fatto come il Santo aveva chiesto, e subito un gruppo di mercanti si trovava davanti al portone. Nonostante fossero stati accolti bene dai monaci, corsero da San Girolamo e si prostrarono ai suoi piedi, chiedendo perdono e ringraziandolo per l’accoglienza.

Girolamo disse ancora ai monaci: “date loro le bibite e lasciateli partire con i loro cammelli e i loro carichi”. Tramite il Leone, Dio provvede alle necessità del monastero.

In segno di gratitudine, i mercanti offrirono metà dell’olio che i cammelli portavano per essere usato nelle lampade del monastero, e lasciarono ancora del cibo per i monaci. Quindi, il capo dei mercanti disse: “Noi daremo tutto l’olio di cui avete bisogno durante tutto l’anno e i nostri figli e nipoti saranno istruiti a seguire quest’ordine: nulla della vostra proprietà sarà mai toccato da qualcuno di noi”.

San Girolamo accettò l’offerta, e i mercanti da parte loro accettarono le bevande. Partirono con la benedizione del Santo e tornarono felici dal loro popolo.

San Girolamo, traendo una lezione da tutta questa storia, rispose alla domanda che egli stesso aveva fatto anteriormente: “vedete miei fratelli cosa aveva in mente Dio quando ci mandò il suo leone!”

Questo racconto è stato da noi adattato. Cerca di dare una breve spiegazione del perché l’iconografia di solito raffigura San Girolamo con un leone accanto a lui.

Note:

Nel libro “Vita Divi Hieronymi” (Migne. P.L., XXII, c. 209ff.) tradotto in inglese da Helen Waddell in “Beasts and Saints” (NY: Henry Holtand Co., 1934), possiamo trovare questo racconto nella sua totalità. (JSG)

Fonti:
http://www.acidigital.com/santos/santo.php?n=96 
http://www.franciscanos.org.br/carisma/artigos/saojeronimo.php 
http://evangelizacaoefe.blogspot.com/2009/10/vida-de-sao-jeronimo.html