Gesù è realmente presente nell’Eucaristia? In che maniera?

Don Michel Six, EP

Il nostro obiettivo in questo lavoro è quello di indicare come, nel suo sesto capitolo, l’Evangelista Giovanni illustri la vera interpretazione sulla Presenza Reale di Cristo nell’Eucaristia. Questa Presenza è effettiva, Cristo l’ha voluta così, e il racconto del quarto Evangelista non lascia margini ad altre interpretazioni. Le parole del Maestro non possono essere metafore e anche la reazione di quelli che erano presenti alla scena ne conferma il senso vero, come vedremo.

San Giovanni fu, secondo quanto ci dice la Tradizione, l’ultimo a scrivere il suo Vangelo. Infatti è solamente intorno all’anno 90 che egli riferì i fatti della vita del Signore. Tra i diversi motivi che lo indussero a scriverli ci fu che già in quell’epoca cominciavano a sorgere eresie ed è per questo che egli tratta specificamente la Santissima Eucaristia, già prevedendo future interpretazioni divergenti da parte degli eretici.

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È di fede che l’Eucaristia è stata veramente istituita da Nostro Signore. Nel capitolo VI di San Giovanni vediamo che il Salvatore ci promette il suo Corpo e il suo Sangue come alimento e bevanda spirituale. E nel Sacramento dell’Eucaristia c’è un autentico sacrificio che annuncia la morte di Cristo e rinnova, in forma incruenta, l’immolazione del Calvario, il cui valore espiatorio cancella i reati degli uomini; si tratta di un Sacramento che contiene realmente Corpo, Sangue, Anima e Divinità di Gesù Cristo.

Commenta Hugon che: “l’istituzione dell’Eucaristia da parte di Nostro Signore non era stata posta in dubbio prima del XIX secolo. I protestanti, originariamente, si sforzavano di trarre dalle parole di Cristo il loro senso letterale, e di spiegare che l’Eucaristia è solamente la figura del Corpo e del Sangue; essi non contestarono né l’autenticità della narrazione evangelica, né l’istituzione divina dell’Eucaristia come simbolo”. (1)

È da tenere in considerazione che gli stessi protestanti che prendono tanti passi delle Scritture nel senso letterale, “alla lettera”, in questo sesto capitolo non vedono nelle parole di Nostro Signore il senso letterale ovvio da Lui inteso nel proferirle. Al contrario, relegano quelle parole a uno stile figurativo, simbolico o persino allegorico.

Tuttavia basta analizzare un po’ più a fondo questo capitolo per vedere chiaramente le intenzioni del Maestro e il suo riferimento chiaro e diretto al suo Corpo e al suo Sangue.

In primo luogo vediamo, nello stesso testo, il senso letterale e ovvio delle parole:

 “Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”. Allora i Giudei si misero a discutere tra di loro: “Come può costui darci la sua carne da mangiare?”. Gesù disse: “In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me.” (Gv 6, 48-57).

È impressionante verificare come Gesù ripeta varie volte l’affermazione che si tratti realmente della Sua carne e del Suo sangue. Così, non è possibile sostenere che sia una mera metafora quanto troviamo in queste parole.

Metafora, infatti, non può essere, poiché Nostro Signore non cerca di attenuare le sue dichiarazioni, pur sapendo che sta “scandalizzando” gli altri. Nel versetto 52 i giudei confermano di aver inteso letteralmente il senso delle parole: “Allora i Giudei si misero a discutere tra di loro: “Come può costui darci la sua carne da mangiare?” Tuttavia, il divino Maestro non li corregge su ciò che hanno inteso, ma afferma qualcosa di ancora più audace: “In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita” (Gv 6, 53).

            Un altro punto da considerare è lo “scandalo” causato negli astanti. Anche di fronte all’apostasia di questi, Nostro Signore non si ritrae, è più audace, e persino prova la fede di coloro che rimangono, dimostrando che questo è davvero un punto cruciale quando si tratta dell’Eucaristia: “Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: “Forse anche voi volete andarvene?” (Gv 6, 66-67). Egli non cerca di scagionarsi, non attenua le sue affermazioni. È evidente che se non fossero state affermazioni letterali, Egli avrebbe persuaso i discepoli a rimanere, invece questo non è accaduto.

            Non è possibile dare un’altra interpretazione alle parole di Cristo.

(1) L’institution de l’Eucharistie par Notre-Seigneur n’avait pas été mise en doute avant le XIX ème siècle. Les protestants de l’origine s’efforçaient d’enlever aux paroles du Christ leur sens littéral et d’expliquer que l’Eucharistie n’est que la figure du corps et du sang; ils ne contestaient ni l’authenticité du récit évangélique ni l’institution divine de l’Eucharistie comme symbole (Cfr. HUGON, La Sainte Eucharistie. Paris : Pierre Téqui, 1916).