Educare non è solo un’arte. È diventato una sfida, poiché è sempre più difficile
orientare la gioventù in senso contrario alla mentalità dominante. San
Giovanni Bosco ha trovato la chiave che apre l’anima del giovane
all’influenza del bene.

Mantenere la disciplina in un’aula di lezione costituita da adolescenti è una difficoltà che, con alcune varianti, si mostra tanto antica quanto la civiltà. I maestri di Sant’Agostino potrebbero dare una testimonianza preziosa a questo riguardo. In altri tempi, i metodi usati erano molto più diretti di quelli attuali e davano risultati immediati, proporzionali all’energia e alla forza della personalità del professore. In ogni caso il problema di fondo è sempre lo stesso, oggi come ieri.

L’educazione non si riduce a riuscire a mantenere, dentro le pareti di una classe, tutti gli alunni in ordine e silenzio, in modo che il professore possa trasmettere con efficacia i suoi insegnamenti. Il buon educatore deve saper forgiare la personalità dei suoi discepoli, correggendo i difetti, stimolando le qualità, facendo loro amare i principi che orienteranno la vita. In una buona educazione, la formazione religiosa occupa il posto principale, poiché senza amor di Dio e l’ausilio della grazia nessuno riesce a vincere le cattive inclinazioni e praticare stabilmente la virtù.

Dalla teoria alla pratica…

In teoria, tutto questo è molto facile…Ma, come metterla in pratica nel mondo d’oggi, in cui tanto numerose e attraenti sono le sollecitazioni verso il male e gli educatori sentono la crescente difficoltà di esercitare la loro influenza sui giovani?

Il problema era già scottante all’epoca di San Giovanni Bosco. La società di allora stava vivendo grandi trasformazioni, soprattutto di mentalitá. La gioventù, sempre avida di novità, si allontanava dalla religione e perdeva la rotta.

Don Bosco faceva il “miracolo” – molto più grande di tutti quelli da lui realizzati – di attirare e formare giovani che ormai non si lasciavano plasmare dagli antichi metodi educativi e si sottraevano all’azione della Chiesa.

Tentativi di penetrare il segreto del metodo preventivo

Erano talmente sorprendenti i risultati ottenuti dal fondatore dei salesiani che molti dei suoi contemporanei cercavano insistentemente di strappargli il “segreto” del suo successo.

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Questa stessa intenzione l’ebbe il rettore del seminario maggiore di Montpellier, quando inviò una lettera a Don Bosco, chiedendogli il segreto della pedagogia da lui utilizzata: “Ottengo dai miei bambini tutto quello che desidero, grazie al timor di Dio infuso nei loro cuori” fu la risposta.

Non soddisfatto, il rettore inviò una seconda lettera, ma a questa il Santo non seppe rispondere, poiché non aveva mai fatto uno studio sulla materia. Il libro da cui egli traeva gli insegnamenti era la sua stessa vita.

Fiducia: lo strumento del buon educatore

Conversando sullo stesso argomento con il cardinale Tosti, a Roma, una mattina del 1858, San Giovanni Bosco gli disse: “Vede, Eminenza, è impossibile educare bene la gioventù se non se ne conquista la fiducia.” In seguito, per dargli un esempio concreto, egli lo invitò ad accompagnarlo in Piazza del Popolo, dove facilmente avrebbero incontrato gruppi di giovani a giocare e avrebbe potuto dimostrare l’efficacia del suo metodo. Quando però scese dalla carrozza, la torma di bambini che giocava nella piazza fuggì correndo. Certamente avevano pensato che questo prete veniva a fare loro una piccola predica o a riprenderli per qualche mancanza. Il cardinale era rimasto dentro il veicolo, assistendo alla scena e si divertiva, pensando che quel primo insuccesso avrebbe indotto Don Bosco a desistere. Ma costui non si lasciò abbattere e, in pochi minuti, con la sua vivacità e irresistibile bontà, aveva una piccola moltitudine di giovinetti intorno a sé che si divertivano con i suoi giochi ed erano entusiasti della sua bontà. Giunto il momento di ritirarsi, essi formarono due file davanti alla carrozza, per acclamare il sorridente sacerdote mentre passava. Il cardinale ebbe difficoltà a credere a quello che stava vedendo…

Evitare il peccato: l’essenza del metodo preventivo

Insomma, come faceva San Giovanni Bosco ad attirare la gioventù?

Come primo obiettivo, lui pretendeva di evitare ogni e qualsiasi tipo di peccato, facendo uso di una grande vigilanza, accompagnata da amorosa sollecitudine. Non in un modo schiacciante e glaciale, ma paterno ed affettuoso. A questa tattica di condurre i giovani, il santo educatore diede il nome di “metodo preventivo”, in rapporto all’altro allora in voga, denominato “repressivo”, il quale aveva per fondamento i castighi.

Questo esemplare formatore della gioventù non perdeva mai l’occasione di bloccare l’avanzamento del male. Anche durante le ricreazioni, il suo sguardo attento riusciva subito a scoprire dove stava la rissa o da dove provenivano parole riprovevoli e, senza indugio, risolveva la confusione con abile giovialità, poiché egli era l’anima dei divertimenti, come i suoi alunni testimoniavano. Non rare volte, egli sfidava tutti i bambini, in un colpo solo, a fare una corsa. Allora alzava la sottana, contava fino a tre e lasciava quella turba di giovani dietro di sé: Don Bosco arrivava sempre per primo. Quando ormai aveva 53 anni, lasciava ancora gli spettatori stupefatti per la sua agilità, poiché non perdeva mai una corsa con gli alunni dell’Oratorio.

Soavità nel rimprovero

San Giovanni Bosco non dava mai castighi corporali, nella convinzione che questo avrebbe soltanto incitato i cuori alla rivolta e avrebbe chiuso l’anima del giovane ai consigli salutari. La maniera con la quale egli rimproverava era attraverso una parola fredda, uno sguardo triste, una mano ritratta, o un qualsiasi altro segnale discreto di delusione per qualche mancanza. Ma i risultati dimostravano che questa forma di correzione era estremamente efficace.

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Una sera, subito dopo le orazioni, Don Bosco voleva rivolgere ai bambini alcune parole benefiche, prima che andassero a dormire, ma tale era la confusione che egli non riuscì ad ottenere silenzio. Dopo alcuni minuti di attesa, comunicò loro: “Non sono contento di voi! Andate a dormire. Questa sera non vi dico nulla”. A partire da quel giorno non fu mai più necessario usare una campanella affinché i ragazzi facessero silenzio.

Potrebbe, tuttavia, sorgere un dubbio riguardo a un tale metodo. Questa vigilanza per evitare il peccato non avrebbe finito per togliere la libertà al giovane?

La natura umana è fatta per l’equilibrio: non soffocare la libertà né, molto meno, permettere indisciplina sfrenata. Questo connubio, San Giovanni Bosco seppe ottenerlo mirabilmente. Nonostante tutta la vivacità e l’affetto nel relazionarsi con i giovani, questi mantenevano sempre un atteggiamento di rispetto e ammirazione verso il loro maestro.

Gioia, condimento indispensabile

Il clima nel refettorio dell’Oratorio era una conferma di questo rapporto armonioso, quando Don Bosco impiegava più tempo per terminare il suo pasto, per il quale era arrivato in ritardo. Non appena gli altri superiori uscivano, una moltitudine di giovani entrava correndo e occupava tutto la sala, non lasciando neanche un po’ di spazio libero. Alcuni si avvicinavano talmente che quasi accostavano le loro teste alle spalle di lui, altri si appoggiavano alla spalliera della sua sedia e i più piccoli si infilavano sotto il tavolo. Quale non era la sorpresa commossa del Santo nel vedere quelle testoline uscire da lì sotto, con l’unico scopo di restare più vicine al loro padre. La libertà con cui quei giovinetti si approssimavano a lui e la venerazione che gli tributavano costituivano realmente un quadro commovente.

Un’occasione come questa era un’eccellente opportunità per fare il bene. Lo zelante sacerdote ne approfittava allora per raccontare una storia, dare un buon consiglio, fare domande, fino a che la campana indicava l’ora dell’orazione della sera, ossia, la fine di questo commovente convivio.

Come si vede, la gioia deteneva un importante ruolo nel metodo educativo di Don Bosco. Con questa, il Santo voleva rendere la vita lieta e creare la disposizione giusta affinché i bambini aprissero l’anima all’influenza sua e al soprannaturale. Uno dei mezzi che utilizzava erano i giochi e i divertimenti, ai quali lo stesso educatore partecipava.

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In uno di questi giochi, egli allineava tutti i bambini in un’unica fila e raccomandava loro: “Attenzione! Fate tutto quello che faccio io. Chi non fa quello che faccio io, esce dal gioco”. Detto questo, cominciava il suo percorso, ora correndo con le braccia in aria, ora facendo gesti spettacolari, batteva le mani, saltava con una gamba sola, fingeva di fermarsi dietro un albero, ma subito dopo usciva correndo di nuovo. In questo modo, li intratteneva e creava un clima di gioia. Con tali mezzi e, soprattutto, con la grazia divina, San Giovanni Bosco riusciva a portarli ad amare Dio con gioia.

A questo scopo, la musica era uno strumento prezioso, al punto che lui diceva che una casa senza musica è come un corpo senz’anima.

Assiduità verso i Sacramenti e devozione alla Madonna

La perseveranza è possibile soltanto con l’assiduità ai Sacramenti e un’ardente devozione alla Madonna. Nella confessione, Don Bosco pacificava le coscienze, infondeva fiducia nelle anime, conduceva i suoi giovani penitenti a Dio. Una bella descrizione di queste confessioni la propone Huysmans, scrittore cattolico del sec. XIX:

Il nostro Santo, che portava nell’aspetto la bonomia di un vecchio vicario dell’intimo, attirava vicino a sé il bambino che aveva terminato l’esame di coscienza e, prendendolo per il collo, lo avvolgeva col braccio sinistro e faceva appoggiare al Piccolo penitente la testa sul suo cuore. Non era più il giudice. Era il padre che aiutava i figli, nella confessione tante volte penosa delle mancanze più piccole.”

Per mezzo della comunione frequente San Giovanni Bosco voleva fortificare l’anima dei giovani contro gli attacchi infernali. Per lui, la Prima Comunione avrebbe dovuto essere fatta il più presto possibile: “Quando un bambino sa distinguere tra il pane comune e il Pane Eucaristico, quando lo si ritiene sufficientemente istruito, non è necessario guardare all’età. Venga subito il Re del Cielo a regnare in quest’anima”.

Seguendo i saggi consigli materni, Don Bosco fece della devozione a Maria Santissima, sotto la bella invocazione di Maria Ausiliatrice, una colonna di spiritualità dei salesiani: “Se arrivi ad essere prete – gli ripeteva affettuosamente ‘mamma Margherita’ – propaga senza sosta la devozione alla Madonna”.

Metodo preventivo e grazia divina

In realtà, il metodo preventivo di Don Bosco è una forma adattata alle nuove generazioni – e pienamente attuale – di predisporre i giovani ad essere flessibili all’azione della grazia divina. È essa la vera causa del successo sorprendente di questo grande educatore che ha segnato la sua epoca, fino ai nostri giorni, col suo metodo innovatore trasmesso ai suoi seguaci, i sacerdoti salesiani e le figlie di Maria Ausiliatrice.

(Revista Araldi del Vangelo, Rennaio/2007, n. 41, p. 22 – 25)