Autore : Mons. João Scognamiglio Clá Dias, EP

Stando con i bambini non è difficile constatare il loro senso del meraviglioso. Quando l’innocente è in formazione e spuntano i primi barlumi dell’uso della ragione, egli si incanta per tutto quanto vede… 

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“Adorazione dei Re Magi” – Abbazia Benedettina, Subiaco

Vangelo

1 Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme, 2 e domandavano: “Dov’è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo”.

3 All’udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme.

4 Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s’informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia. 5 Gli risposero: “A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: 6 E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda: da te uscirà infatti un capo che pascerà il mio popolo, Israele”. 7 Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella 8 e li inviò a Betlemme esortandoli: “Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo”.

9 Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. 10 Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia.

11 Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. 12 Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese (Mt 2, 1-12).

Commento al Vangelo – Solennità dell’Epifania del Signore

Ispirati dalla grazia, i Re Magi si misero in viaggio per incontrare il Creatore dell’universo in un bambino appena nato. Importanza della sensibilità nel segno dello Spirito Santo.

Mons. João Scognamiglio Clá Dias, EP

I – L’innocenza di fronte al meraviglioso

Stando con i bambini non è difficile constatare il loro senso del meraviglioso. Quando l’innocente è in formazione e spuntano i primi barlumi dell’uso della ragione, egli si incanta per tutto quanto vede, aggiungendo alla realtà qualcosa che essa, di per sé, non ha. Ossia, immagina aspetti magnifici e grandiosi dietro le semplici apparenze. È questo che costituisce la gioia della vita infantile.

È indispensabile alimentare la fede con le bellezze della creazione

Purtroppo, nei giorni nostri, che accumulano su di sé il frutto di vari secoli di decadenza morale, si cerca di strappare ai bambini, prima possibile, il meraviglioso. E con questa perdita se ne va via anche l’innocenza. A poco a poco i giovani sono introdotti in un ambiente dove l’abitudine di ammirare non esiste più. Nelle scuole e università, in generale, ciò che interessa è il concreto, l’esatto, la scienza, il numero, la prova, la testimonianza. A volte – il chè è peggio – anche nei corsi di Religione si nota l’impegno dei professori a dire che nelle Sacre Scritture molti episodi non sono altro che leggenda e fantasia, e non sono accaduti come sono narrati. Tutto per dissuadere l’alunno dall’idea del miracolo, dell’intervento di Dio, del soprannaturale e della relazione che c’è tra l’uomo, l’ordine dell’universo e Dio.

Tale sete di meraviglioso, così viva nel mondo degli innocenti, sarebbe dovuta rimanere nell’orizzonte degli adulti e, anche, crescere. È necessario continuare a credere nella meraviglia e alimentare la fede con la contemplazione delle bellezze create da Dio, poiché persino un colibrì che tenta di trarre il suo alimento da un fiore, con eleganza e agilità, ci riporta a Dio, al suo potere e alla sua bellezza.

Consideriamo l’Epifania col senso del meraviglioso

È secondo quest’ottica che analizzeremo la Solennità dell’Epifania, sulla quale frequentemente troviamo spiegazioni tendenti a demolire il senso del meraviglioso nelle anime. Così, lasciando da parte dettagli storici – in alcuni casi anche discutibili, se non fanno parte della Rivelazione -, già commentati in articoli precedenti, 1 centriamo la nostra attenzione sull’aspetto soprannaturale e simbolico celato in questo avvenimento. Joseph de Maistre diceva: “La raison ne peut que parler, c’est l’amour qui chante! 2 – L’intelligenza sa solo parlare, è l’amore che canta”. Seguiamo, allora, la Liturgia di questa giornata con amore, considerando i fatti dallo sguardo di Dio.

  Mario Shinoda
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Il Prof. Plinio Corrêa de Oliveira negli anni ‘80

II – Lo Spirito Santo parla nell’intimo delle anime

Questa Solennità è per noi più importante, in un certo senso, dello stesso Natale – sebbene questo sia più celebrato -, perché ci tocca molto da vicino. Come? Era un’epoca auge… Auge di decadenza dell’umanità! La situazione sociale, politica e, soprattutto, morale, era la peggiore possibile. Il mondo, intriso di disprezzo, odio e invidia, era giunto nel fondo di un abisso, e la civiltà antica si trovava in un impasse, poiché nessuno intravvedeva una soluzione alla crisi che minava le sue fondamenta. Con poche e significative parole il Prof. Plinio Corrêa de Oliveira descrive tale situazione: “Come ha affermato uno storico famoso, tutta l’umanità, allora, si sentiva vecchia e logora. Le formule politiche e sociali, allora utilizzate, non corrispondevano più ai desideri e al modo di vedere degli uomini del tempo. Un immenso desiderio di riforma scuoteva diversi popoli. […] Tutto il mondo sentiva che una crisi immensa minacciava la società verso una rovina inevitabile”.3

Ed è questo il tempo in cui nasce Nostro Signore Gesù Cristo, in una località giudaica, a Betlemme, da una Madre giudea e per i giudei. Egli dirà più tardi ai Dodici, inviandoli in missione: “Rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele” (Mt 10, 6). Anche quando la cananea Gli chiede la liberazione di sua figlia tormentata dal demonio, risponde: “Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa di Israele” (Mt 15, 24). Si direbbe che la vocazione del Messia si restringesse al popolo eletto. Tuttavia, alcuni giorni dopo la sua nascita – tredici, secondo la Glossa4 – riceve i Magi, provenienti da terre lontane, a significare l’universalità della Redenzione e anticipando la chiamata rivolta ai gentili, che sarebbe diventata chiara nell’imminenza di salire al Cielo, dando il mandato agli Apostoli: “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” (Mt 28, 19). Egli è venuto per tutti gli altri popoli, pertanto anche per noi. A questo proposito, mostra San Tommaso5 che Dio non fa preferenza di persone, poiché si è manifestato a tutte le classi sociali, nobili e plebei, alla molteplicità delle razze e nazioni, a sapienti e ignoranti, ai potenti e a quelli di umile condizione, senza escludere nessuno.

Guidati da una stella

Uno degli elementi principali, nel contemplare l’episodio dell’Epifania, è la visione della stella che ha portato i Magi a mettersi in cammino, com’è detto nella Preghiera del Giorno: “Oggi hai rivelato tuo Figlio alle nazioni, guidandole con la stella”.6 In che modo si spiega il fatto che essi avessero compreso il simbolismo di questo misterioso astro? Secondo molti autori, i Magi erano potenti o re,7 i quali, in certe regioni orientali, per ascendere al trono si applicavano allo studio delle diverse scienze, con particolare spicco dell’astronomia:8 “nessuno può essere re dei persiani se prima non ha imparato la disciplina e la scienza dei magi”.9

Siccome in Persia si era diffusa la credenza che stesse per nascere un magnifico Re Salvatore, questa prospettiva faceva sì che si prestasse una speciale attenzione ai segni celesti che potessero annunciare la prossima realizzazione di tale oracolo: “Se questo fenomeno straordinario [della stella] fu interpretato dai Magi come il segno della nascita del Re dei giudei, questo prova, in primo luogo, le loro preoccupazioni astrologiche e, in secondo luogo, la conoscenza di queste tradizioni religiose, universalmente diffuse in Oriente, secondo la testimonianza di Tacito e di Svetonio. Tradizioni che annunciavano, per quell’epoca, la venuta di uomini originari della Giudea a dominare il mondo”.10 Nello stesso senso si esprime un altro illustre autore: “in Persia si aspettava, per tradizione interna, una specie di salvatore e, inoltre, si sapeva che un’analoga aspettativa esisteva in Palestina”.11

Sergio Hollmann  
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“Presentazione di Gesù al Tempio”, di Bartolo
di Fredi – Museo del Louvre, Parigi

La stella avvistata dai Re Magi, secondo San Tommaso,12 non era un astro come gli altri, poiché era stata creata da Dio per quella circostanza, non in cielo, ma nell’atmosfera, vicino a loro, con l’obiettivo di manifestare la regalità celeste del Bambino che era nato a Betlemme. Siccome il Signore trasmetteva ai giudei le sue istruzioni attraverso gli Angeli, sono stati questi ad annunciare ai pastori la nascita del Messia. Ai Magi, tuttavia, abituati a contemplare il firmamento, Dio comunica il messaggio mediante una stella.

Si presume che la distanza percorsa dai Re, per gli standard attuali, non sia stata grande. In quel tempo, però, il viaggio veniva fatto, nella migliore delle ipotesi, in cammello, con una comitiva a piedi. Era necessario andare a passo, cosa che rendeva lo spostamento lento, non essendo possibile percorrere più di 30 o 40 km al giorno. Le strade erano in brutte condizioni, senza menzionare gli imprevisti, come animali feroci, assalitori, condizioni di alloggio precarie… Era un’avventura penosa e arrischiata. Ciò nonostante, essi non si preoccupano affatto di questo e si mettono in cammino in cerca del Salvatore, il Re dei giudei. Ma chi li spinge, realmente?

L’azione dello Spirito nell’anima è più importante dei segnali

Tanto ai pastori quanto ai Re, lo Spirito Santo ha parlato in fondo all’anima, ispirando loro la fede nell’avvento del Messia. Infatti, molti altri avvistarono la stella, poiché essa non era invisibile, e vari vennero a conoscenza anche grazie al racconto fatto dai pastori di Betlemme, nella notte di Natale; tuttavia, non tutti credettero, credettero soltanto quelli che erano stati favoriti da mozioni dello Spirito Santo.

Per questo San Tommaso13 sottolinea il ruolo della grazia, come un raggio di verità più luminoso della stella, che istruisce i cuori dei Magi. È, allora, più importante la comunicazione diretta dello Spirito Santo, che i semplici segni sensibili, a tal punto che, per i giusti, come Anna e Simeone,14 abituati a discernere la voce di Dio nel loro intimo, non fu necessaria l’apparizione degli Angeli o il sorgere di stelle, o qualche altra indicazione straordinaria che indicasse che quello era il Figlio di Dio, il Messia promesso. Semplicemente, quando videro il Bambino entrare nel Tempio, in braccio a sua Madre, furono presi dallo spirito di profezia e, per azione del Paraclito, compresero che davanti ai loro occhi c’era la luce che avrebbe illuminato le nazioni, la gloria di Israele (cfr. Lc 2, 32). Così, risulta evidente come per le anime più pure ed elevate le manifestazioni soprannaturali non vengano accompagnate dai segni esteriori, essendo questi, tuttavia, adatti a toccare i meno spiritualizzati.

Confidiamo più in Dio se abbiamo le mani vuote

Sergio Hollmann
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“I Re Magi seguono la stella”
Basilica di Saint-Denis, Parigi

Spinti da un soffio divino, i Magi arrivano a Gerusalemme, immaginando forse che il popolo fosse in festa per la nascita del Re atteso. Tuttavia, non rimangono delusi, nonostante abbiano trovato tutto nella più completa normalità, e, nella loro ingenuità, vanno a chiedere informazioni sul Re dei giudei allo stesso Erode. Costui era l’uomo che mai avrebbero dovuto cercare! Egli resta turbato, pensando che avrebbe perso il trono, come recitiamo in uno degli inni dell’Ufficio Divino di questa Solennità: “Perché, Erode, temi / giunga il Re che è Dio? / Non toglie i re della Terra / chi dà il regno nei Cieli”. 15 O nelle contundenti parole di un Santo del V secolo: “Perché temi, Erode, udendo che è nato un Re? Egli non è venuto per detronizzarti, ma per vincere il demonio”.16 E il re idumeo, sebbene ricco e potente, non è capace di approssimarsi serenamente al Bambino Gesù per rendergli omaggio, ma vuole ucciderLo.

Eloquente contrasto, utile alla vita spirituale. Ciò che vale di più è sapere dov’è il Signore Gesù e adorarLo, o possedere tutti i beni della Terra? Molte volte Dio fa in modo che questi ci manchino, perché quando le mani sono cariche di ricchezze è difficile congiungerle per pregare. Siamo più adatti a confidare in Dio se abbiamo le mani vuote. Pertanto, non turbiamoci nel caso dovessimo passare per delle necessità. Affrontare problemi, drammi e afflizioni è un dono di Dio. Chi non soffre e non sperimenta alcuna instabilità ripone la sicurezza in sé stesso e finisce per volgere le spalle al Creatore, cosa che gli arreca la maggiore delle sofferenze: ignorare la felicità di dipendere da Dio.

In questo senso, raccogliamo una preziosa lezione dalla simbologia della mirra offerta dai Magi, di cui poco si parla. Di sapore amaro – caratteristica evocativa della sofferenza -, era usata anche per imbalsamare i cadaveri. Con tale offerta si faceva presente, fin dal momento della Sua venuta al mondo e prima che fosse nota la sua grandezza divina, la missione redentrice del Bambino e la sua morte in Croce. La mirra è anche utile per noi, perché ricordando il nostro destino finale, la morte, modera la nostra avidità e il desiderio di vivere per sempre su questa Terra.

Dietro alle apparenze, la grandezza di Dio Incarnato

Atteggiamento diametralmente opposto a quello di Erode è quello dei Re Magi, come afferma il Dottor Angelico: “I Magi sono i primi dei pagani a credere in Cristo. In loro sono apparse, in una specie di presagio, la fede e la devozione dei pagani venuti a Cristo da luoghi remoti. Per questo, essendo la fede e la devozione dei pagani esente da errore per ispirazione dello Spirito Santo, si deve anche credere che i Magi, ispirati dallo Spirito Santo, si siano comportati saggiamente prestando omaggio a Cristo”. 17 Essi hanno visto un Bambino avvolto in panni, in una casa povera, certamente sprovvista di qualsiasi segno esterno di regalità. Tuttavia, mossi dalla fede, Lo riconoscono come Dio. Sempre per San Tommaso,18 non era conveniente che Nostro Signore manifestasse tutta la sua divinità attraverso i veli della natura umana, subito alla nascita. Se – immaginiamo – quando Egli ancora stava nella culla fosse venuto un Angelo e avesse eretto in pochi secondi un palazzo nel centro di Gerusalemme, più stupendo del Tempio, una coorte angelica fosse scesa dal Cielo per annunciare l’arrivo del Messia e i giudei avessero visto un bambino in corpo glorioso, rilucente di splendore, che ruolo avrebbe avuto la fede? Avrebbe perso la sua ragion d’essere, una volta che essa ricade necessariamente sulle cose che non si vedono. E intorno a questo Bambino, allora, si sarebbero uniti, in seguito, tutti i pragmatici, tutti gli interessati, tutti gli opportunisti che avrebbero voluto far carriera a scapito del suo prestigio.

Gustavo Kralj   
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“Cristo Crocifisso”, di Antônio Francisco Lisboa
(Aleijadinho) – Chiesa della Madonna del 
Carmine, Mariana (Brasile)

Però, aggiunge San Tommaso,19 l’Incarnazione del Verbo, per esser proficua, non poteva restare nascosta all’umanità intera. Per tale motivo, Nostro Signore ha voluto rivelarla solo ad alcuni, ai quali ha mostrato la sua divinità per mezzo di piccoli segni accompagnati dalla grazia – sufficiente in certi casi, sovrabbondante in altri -, affinché gli uni servissero da testimonianza agli altri.

Uno di questi piccoli segni, lo menziona lo stesso Evangelista. Egli afferma che i Re, vedendo di nuovo la stella, “sentirono una gioia molto grande”. Sebbene non sia nel testo sacro, è da supporre che, contemplando il Bambino, abbiano sperimentato un giubilo interiore intensissimo, e magari si siano commossi alle lacrime. Si inginocchiarono presi da incanto per il Divino Infante, il “più bello dei figli degli uomini” (Sl 44, 3), davanti al quale non poteva esserci altro atteggiamento se non l’adorazione. Tutto sottolineato da una soave e intensa gioia, nota distintiva dell’azione dello Spirito Santo, e che fino ai giorni nostri caratterizza le celebrazioni natalizie.

III – La Chiesa, stella che ci guida fino a Gesù

La grande fede dimostrata dai Re Magi nell’Epifania ci ricorda la parabola del grano di senape. Esso è minuscolo ma, una volta piantato, cresce e diventa un grande arbusto. Ora, questo Bambino che viene al mondo in una Grotta e oggi manifesta la sua divinità ai sovrani venuti dall’Oriente, morirà poi sul Calvario e dal suo costato trafitto dalla lancia sboccerà la Santa Chiesa. Questa nasce senza alcun tempio, in forma dimessa, si sviluppa e, ad un certo momento, si prende cura dell’Impero Romano, fino a espandersi in tutto il mondo.

Quante famiglie, popoli e nazioni intere nel corso della Storia si metteranno in cammino, a somiglianza dei Magi, per seguire una stella: la Santa Chiesa Cattolica Apostolica Romana. Sì! Essa, la distributrice dei Sacramenti, promotrice della santificazione e dispensatrice di tutte le grazie, fa il ruolo di una stella che scintilla davanti ai nostri occhi, attraverso lo splendore della sua Liturgia, dell’infallibilità della sua dottrina, della santità delle sue opere, invitandoci a obbedire alla voce del Divino Spirito Santo che parla nel nostro intimo. Così, la Chiesa promuove un nuovo sbocciare del senso del meraviglioso nei cuori dei suoi figli, sembrando dirci: “Guarda come è bello Dio! Egli è l’Autore di tutto questo”.

Questa stella è per noi, pertanto, la gioia dell’esistenza, la sicurezza e la certezza dei nostri passi, il sostegno del nostro entusiasmo e dell’amore a Dio. Soprattutto, questa stella è la garanzia di un’eternità beata. Chi la abbraccerà conquisterà la salvezza, chi si separerà da lei, continuerà per altre vie e non arriverà alla Betlemme eterna, dov’è quel Bambino, ora sì, glorioso e splendente nei secoli dei secoli.

Gustavo Kralj
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Interno della Basilica di San Pietro

1 Altri commenti riguardo a questa Solennità in: CLÁ DIAS, EP, João Scognamiglio. Davanti al Re, i buoni re e quello cattivo. In: Arautos do Evangelho. São Paulo. N.85 (Gen., 2009); p.10-19.
2 DE MAISTRE, Joseph. Essai sur le principe générateur des constitutions politiques et des autres institutions humaines. Paris: L. Ecclésiastique, 1822, p.19, nota3.
3 CORRÊA DE OLIVEIRA, Plinio. Adveniat Regnum tuum! In: Legionário. São Paulo. Anno XII. N.328 (25 dic. 1938); p.6.
4 Cfr. GLOSSA, apud SAN TOMMASO D’AQUINO. Catena Aurea. In Matthæum, cap.II, v.1-2.
5 Cfr. SAN TOMMASO D’AQUINO. Somma Teologica. III, q.36, a.3.
6 SOLENNITA’ DELL’EPIFANIA DEL SIGNORE. Preghiera del Giorno. In: MESSALE ROMANO. Trad. Portoghese della 2a.
edizione tipica per il Brasile realizzata e pubblicata dalla CNBB con aggiunte approvate dalla Sede Apostolica. 9.ed. São Paulo:
Paulus, 2004, p.164.
7 MALDONADO, SJ, Juan de. Comentarios a los Cuatro Evangelios. Evangelio de San Mateo. Madrid: BAC, 1950, vol.I, p.143- 144.
8 Cfr. SAN TOMMASO D’AQUINO, Somma Teologica, op. cit., ad 2.
9 CICERONE. De divinatione. L.I, XLI, 91. México: Universidad Autónoma, 1988, p.48.
10 DIDON, OP, Henri-Louis. Jésus- Christ. Paris: Plon, Nourrit et Cie, 1891, p.825.
11 RICCIOTTI, Giuseppe. Vita di Gesù Cristo. 14.ed. Città del Vaticano: T. Poliglotta Vaticana, 1941, p.287.
12 Cf. SAN TOMMASO D’AQUINO, Somma Teologica, op. cit., a.7; a.5.
13 Cfr. Idem, a.5, ad 4.
14 Cfr. Idem, a.5.
15 SOLENNITA’ DELL’EPIFANIA DEL SIGNORE. Inno del II Vespro. In: COMMISSIONE EPISCOPALE DI TESTI LITURGICI. Liturgia delle Ore. Petrópolis: Ave Maria; Paulinas; Paulus; Vozes, 1999, vol.I, p.516.
16 SAN QUODVULTDEUS. De Symbolo. Sermo II ad catechumenos, cap.IV, n.4: ML 40, 655.
17 SAN TOMMASO D’AQUINO, Somma Teologica, op. cit., a.8.
18 Cfr. Idem, a.1.
19 Cfr. Idem, a.2.