
L’opera di San Carlo Borromeo, uno dei santi più importanti e più amati della
Chiesa, potrebbe essere riassunta in due parole: dedizione e lavoro.
Ma per fare giustizia, come lui sempre predicava, dobbiamo aggiungerne un’altra, forse la più importante: l’umiltà.
Nato nella nobiltà, Carlo Borromeo usò l’intelligenza notevole, la cultura ed i rapporti con persone dell’alta nobiltà di Roma per posizionarsi davanti, di fianco e addirittura sotto ai poveri, ai malati, e soprattutto per difendere i bambini.
Nacque nel castello della famiglia a Arona, vicino a Milano il 02 ottobre 1538. Suo padre era il conte Gilbert Borromeo e sua madre Margherita de’ Medici, la stessa casa della nobiltà di grande influenza nella società e nella Chiesa. Carlo era il secondo figlio della coppia, e a dodici anni la famiglia lo consegnò a servire Dio, come era d’abitudine a quell’epoca. Aveva una forte vocazione religiosa, era penitente, pio e caritatevole verso i poveri.
Prese sul serio gli studi laureandosi in Diritto canonico a ventuno anni di età. Un anno dopo fondò un’Accademia di studi religiosi, con la piena approvazione di Roma. Nipote di Pio IV, a ventiquattro anni era già sacerdote e vescovo di Milano. Nella sua breve carriera, si lasciò guidare solo dalla fede, agendo sia nella burocrazia interna della chiesa, sia nell’evangelizzazione, senza distinzione di una o di altra.
Forse è stato il primo segretario di Stato nel senso moderno del termine. Laureato presso l’Università di Pavia, guidò una riforma radicale nell’organizzazione amministrativa della Chiesa, che a quel tempo era radicata nel nepotismo, nell’abuso di influenze e dimostrando anche gravi sintomi di corruzione e degrado morale.
Per questo, ottenne il sostegno delle istituzioni, delle scuole, dei gesuiti, dei cappuccini e di molti altri. È stato uno dei principali fondatori che la Chiesa possedé. Creò seminari e istituti di pubblica utilità per fornire cure e riparo ai poveri e ai malati, e ciò gli conferì il titolo di “padre dei poveri”.
Orientò molti ordini e alcuni che emersero dopo la sua morte lo scelsero come patrono, in continuità alla grande opera di sostegno ai più poveri, che ci aveva lasciato. Tuttavia, tutto era molto difficile, perché incontrò molta resistenza dagli ordini conservatori. Infatti, è stato anche vittima di un vile attentato mentre pregava nella cappella. Ma rimase illeso e umilmente perdonò il suo aggressore.
Il 1576 arrivò e con esso la peste. Milano fu duramente colpita e oltre un centinaio di sacerdoti pagarono con la vita le lacrime asciugate da casa a casa. Uno dei più attivi fu Carlo Borromeo, che visitava i contaminati, li forniva il sacramento e la consolazione senza limiti e senza precauzioni, in un lavoro instancabile che consumò la sua energia. Arrivò addirittura a flagellarsi in processioni pubbliche, chiedendo il perdono di Dio a favore del suo popolo.
Finché un giorno fu finalmente colpito dalla febbre, che minò il suo corpo lentamente. Morì alcuni anni dopo, dicendo di essere felice per aver seguito gli insegnamenti di Cristo e di essere stato in grado di soddisfarLo con un cuore puro.
Aveva solo 26 anni di età, quando questo accadde il 4 novembre 1584, nella sua sede episcopale in Italia. Papa Paolo V lo canonizzò nel 1610 e denominò una festa per onorare la memoria di San Carlo Borromeo, al giorno della sua morte.
Benedetto XVI si riferisce al santo (Angelus – 4 novembre 2007) e ha detto: “La sua figura si evidenzia nel XVI secolo come modello di pastore per la carità, la dottrina, lo zelo apostolico e soprattutto con la preghiera.
Si dedicò interamente alla Chiesa ambrosiana: la visitò in lungo e in largo per tre volte; indisse sei sinodi provinciali e undici diocesani; fondò seminari per formare una nuova generazione di sacerdoti; costruì ospedali e destinò le ricchezze di famiglia al servizio dei poveri; difese i diritti della Chiesa contro i potenti; rinnovò la vita religiosa e istituì una nuova Congregazione di preti secolari, gli Oblati. Il suo motto consisteva in una parola sola: “Humilitas”. L’umiltà lo spinse, come il Signore Gesù, a rinunciare a se stesso per farsi servo di tutti”.
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