In una delle strade di Costantinopoli, che era, per molti versi, la prima città del mondo di allora, due uomini di mezza età camminavano a grandi passi. I loro abiti sontuosi, fatti di tessuti pregiati, sembravano essere dei migliori. Mentre camminavano, si stabilì tra di loro una calorosa conversazione:

— No, no. Gesù non era Dio e Uomo; la divinità sta su di Lui come questa tunica sta su di te. Mi sembra perfino di sentire ancora le parole dell’ultimo sermone: “Gesù è per me un Dio, visto che racchiude Dio. Adoro il vaso per il suo contenuto, l’abito per ciò che esso copre”.

— Non ne sono così sicuro – rispose pensieroso l’interlocutore – Ci sono numerosi passaggi delle Sacre Scritture che non sono d’accordo con questa affermazione. Non hai mai letto nel Vangelo: “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1, 14)?

— Sì, ma come spiegheresti tu, se Gesù fosse veramente il Verbo, che Egli sia morto sulla Croce? È chiaro: è stata solo l’umanità di Cristo a soffrire la Passione.

La discussione diventava sempre più delicata. Si sentivano entrambi come se stessero “calpestando le uova”… Se fu soltanto un uomo che morì in Croce, non si potrebbe attribuire un merito infinito al suo sacrificio, e questo presupporrebbe di negare la Redenzione. Che resterebbe della Fede Cattolica?

Queste ed altre domande venivano alla mente dei due personaggi quando, alla fine, il più convinto tra loro disse timidamente:

— Anch’io, all’inizio, sono stato reticente… Tuttavia, sapendo che il principale difensore di questa dottrina non è altro che il nostro illustre Vescovo, vi ho aderito dal profondo del mio cuore.

Il dialogo dovette essere interrotto: erano arrivati in chiesa. Numero-se persone erano già riunite nella navata centrale del tempio e, ai lati, gli ultimi posti erano contesi. Insomma, cosa stava per succedere?

Nestorio nega la Maternità Divina

In quella giovane Cristianità, Nestorio era noto per l’eloquenza che traboccava dalle sue labbra. Molti lo consideravano un “secondo Crisostomo”… Ad Antiochia si era distinto come monaco e, eletto vescovo di Costantinopoli nel 428, “in tutte le sue azioni si presentava sempre come un uomo profondamente religioso, riformatore del popolo e del clero, e con la sua vita ascetica e con il fuoco della sua parola entusiasmava e affascinava tutti coloro che lo ascoltavano”.1

Molti cattolici, ovviamente, consideravano santo colui che si mostrava interamente dedito alla Chiesa e preoccupato dei fedeli. Era difficile non nutrire venerazione per un prelato così pio e ascetico. E c’era lì una moltitudine riunita per ascoltare un discepolo di Nestorio, sacerdote di sua fiducia.

Si iniziò la predicazione. Le sue parole, la Storia non le ha conservate. Si sa unicamente che parlarono della Santissima Vergine, alla quale gli ascoltatori dedicavano amore sincero e devozione.

Diceva che, nonostante la sua grandezza e santità, Maria non era la Madre di Dio, Theotókos. Come avrebbe potuto una creatura generare il Creatore? Lei era la Madre dell’uomo Gesù, e nient’altro… Un forte brusio percorse il popolo. I fedeli ardevano di indignazione, alcuni piangevano di rabbia nel vedere la creatura più eccelsa, così degradata senza scrupoli. Non furono pochi quelli che abbandonarono il tempio, in attesa di ulteriori spiegazioni.

Tuttavia, c’era qualcuno, molto lontano da lì, che non si accontentò di una reazione fugace e infruttuosa. E, assumendo su di sé la difesa della causa dell’Incarnazione del Verbo e della Divina Maternità, entrò nella lotta contro l’eresia.

Rettitudine di coscienza del Patriarca Cirillo

Dove era nato? Chi erano i suoi genitori? Che istruzione aveva ricevuto? A nessuna di queste domande si può rispondere con certezza. San Cirillo d’Alessandria entra nella Storia come frutto di un amore ardente per Gesù Cristo e la sua Madre Verginale.

Poco si conosce delle sue origini carnali, solo che era il nipote del Patriarca di Alessandria. Nei suoi scritti appare un ampio dominio dei classici pagani, il che dimostra che la sua formazione era stata accurata. Tuttavia, non sono loro il fondamento del suo pensiero, ma i più antichi Padri della Chiesa.

Le sue opere non sono scritte in uno stile poetico o artistico, ma sono caratterizzate dalla chiarezza delle idee e dal tono polemico delle parole. Le circostanze lo richiedevano!

Con la morte dello zio, Cirillo ascese alla sede episcopale il 17 ottobre 412. Trascorsi alcuni anni, il santo Patriarca venne a conoscenza della nuova dottrina difesa e promulgata da Nestorio, che si stava diffondendo tra i monaci dell’Egitto. Con il suo carattere ardente e combattivo, fin dal primo momento decise di procedere con energia.

La sua prontezza nel difendere la Fede meritò, secoli dopo, l’elogio di Pio XI: “Tra gli oppositori dell’eresia nestoriana, che non mancarono nemmeno nella capitale dell’Impero d’Oriente, ha senza dubbio il primo posto l’uomo santo e vendicatore dell’integrità cattolica, quale fu Cirillo, Patriarca di Alessandria”.2

Fin dall’inizio San Cirillo lasciò una lezione di sottomissione e di rispetto, degna di ammirazione: di fronte alla dottrina di Nestorio, non avrebbe potuto – sulla base della sua conoscenza e del suo studio, utilizzando la sua giurisdizione patriarcale – emettere un parere? No! Con la sua rettitudine di coscienza, si astenne dal “giudicare una causa così grave con la sua propria autorità, senza prima chiedere e ascoltare il giudizio della Sede Apostolica”.3

“Satana sta per sconvolgere tutto”

All’epoca, Celestino I sedeva sulla Cattedra di Pietro, e a lui indirizzò una riverente missiva, facendo appello all’antica usanza delle chiese che, nelle sue parole, “ci obbliga a comunicare a Vostra Santità eventi di questo tipo”.4

Per tal motivo, aggiunge, “sono obbligato a scrivervi per avvisarvi che Satana sta per sconvolgere tutto. Infuriato contro le chiese di Dio, cerca di turbare ovunque la pace dei fedeli. Questa bestia nefasta, che si compiace nell’empietà, non riposerà mai. Finora, ho mantenuto un profondo silenzio e non ho scritto assolutamente nulla a Vostra Santità o ai vostri fratelli nel sacerdozio su colui che attualmente amministra la Chiesa di Costantinopoli, perché so perfettamente che la precipitazione in questa materia è nociva. Ma poiché il male sta per raggiungere il suo apice, è tassativamente necessario rompere il silenzio e raccontarvi tutto quello che è successo”.5

Ora, non era la prima volta che il Papa aveva notizie dello sconvolgimento che stava devastando le chiese dell’Oriente. Nestorio, dominato dall’orgoglio, non accettava alcuna critica od opposizione. Si mostrava così sicuro della sua superiorità che non si preoccupava nemmeno di rispondere alle obiezioni teologiche che gli erano rivolte.

Accusò alcuni monaci che difendevano la Fede di essere sovvertitori dell’ordine pubblico, li denunciò al governo e li fece arrestare. Infine, osò provare a fare proselitismo anche con il Romano Pontefice, al quale inviò una lettera nel 429 “mandandogli, tra le altre cose, un’ampia raccolta delle sue omelie”.6

Il discernimento e la saggezza del Papa gli fecero presto riconoscere l’errore che si nascondeva sotto la parvenza di una buona dottrina, così come le turpi intenzioni del suo propagatore. Per questo motivo inviò gli scritti di Nestorio al dotto abate di San Vittore, a Marsiglia, affinché esprimesse la sua opinione.

La risposta del religioso giunse a Celestino I insieme alla lettera di San Cirillo. Prendendo questa circostanza come un segnale della Provvidenza, il Papa designò quest’ultimo come legato pontificio e giudice su tale importante questione, e scrisse allo stesso Nestorio, intimandogli di sottomettersi in tutto alle decisioni del santo Patriarca.

Quando la Fede è minacciata, non si deve esitare ad agire

I grandi giorni di Alessandria erano già passati, tanto nella sfera civile quanto in quella spirituale. Era passata l’epoca delle grandi polemiche che animavano la città mentre era in vita Attanasio. Si viveva ora in un ambiente pacato e silenzioso, ancora illuminato dalla nostalgia dei tempi d’oro.

Il popolo, entusiasta, è accorso in chiesa dove si celebrava la grande assemblea:
si apriva la strada per proclamare come dogma la Maternità Divina di Maria!Il Concilio di Efeso – Basilica di Notre-Dame de Fourvière, Lione (Francia)

Come avrebbe potuto Cirillo non apprezzare questa serenità che lo circondava? Sarebbe stato molto più piacevole per il Vescovo di Alessandria mantenere il silenzio e conservare una vita tranquilla, libera da pericoli. Inoltre, il centro del male non era sul suo territorio… Eppure, poteva egli rimanere, senza colpa, in silenzio “quando la Fede, corrotta da molti, era in grave pericolo?”7

C’era una sola risposta, così registrata dalla sua stessa penna: “Io amo la pace; non c’è niente che mi disturbi più dei litigi e delle dispute. Io amo il mondo intero e se potessi guarire un fratello, perdendo tutti i miei beni ed averi, sarei disposto a farlo con gioia, perché la concordia è ciò che più mi sta a cuore… Ma la Fede è minacciata e uno scandalo attende tutte le chiese dell’Impero Romano… La sacra dottrina ci è affidata… Come potremo rimediare a questi mali?… Sono pronto a sopportare tranquillamente tutte le torture, tutte le umiliazioni, tutte le ferite, affinché la Fede non subisca alcun danno”.8

D’altra parte, la prospettiva di iniziare un’aspra controversia con un fratello nell’Episcopato faceva sanguinare la sua anima: “Mi sento pieno di affetto per il vescovo Nestorio, che nessuno ama più di me… […] Ma quando la Fede è minacciata, non si deve esitare a sacrificare la propria vita”.9

Celestino I convoca il Concilio di Efeso

Con l’autorità ricevuta dal Sommo Pontefice convocò ad Alessandria un sinodo, in cui furono composti i celebri dodici anatemi che in seguito avrebbero portato il suo nome. In essi, il santo e pacifico Patriarca ammoniva, accusava e condannava!

I dodici anatemi furono inviati a Nestorio con l’ordine esplicito di sottoscriverli. Per l’orgoglio dell’eresiarca, abituato ad imporre la sua volontà su tutto, fu un terribile affronto. Cercò allora di ottenere per sé le buone grazie dell’imperatore Teodosio II, che, essendo di carattere accomodante, chiese al Papa di convocare un concilio.

Non aveva già risposto Celestino I a Nestorio, disapprovando la sua dottrina? Cosa restava ancora da decidere? La situazione, tuttavia, era delicata e il Papa esaudì la volontà dell’imperatore: il Concilio si sarebbe svolto ad Efeso nel 431. I vescovi Arcadio e Proietto, insieme al sacerdote Filippo, furono nominati legati pontifici. Cirillo fu incaricato di ascoltare Nestorio, anche se la sua dottrina era ben nota e non c’erano dubbi sulla sua condanna.

Nestorio e i suoi furono i primi ad arrivare; presto comparve Cirillo, accompagnato da cinquanta prelati egizi. A poco a poco si presentarono gli altri. Tuttavia, i legati pontifici non arrivarono. Allora, il Patriarca di Alessandria aprì il concilio!

La Chiesa proclama il dogma della Maternità Divina

Non mancano gli storici che mettano in discussione la validità di questa prima sessione. Padre Bernarnino Llorca, SJ, sostiene che “San Cirillo aveva, senza dubbio, la facoltà di iniziare le sessioni del Concilio e, di conseguenza, le decisioni da lui prese furono del tutto valide”.10

Si potrebbe argomentare se non sarebbe stato più prudente attendere l’arrivo dei legati pontifici e del Patriarca di Antiochia. Tuttavia, prolungare l’attesa avrebbe causato danni ancora maggiori alla Santa Chiesa, data l’attitudine contraria ai disegni del Papa manifestata dall’imperatore.

Iniziate le sessioni, “si lesse la corrispondenza scambiata tra San Cirillo e Nestorio, la sentenza pronunciata dal Papa al Sinodo di Roma, una lunga serie di documenti dei Padri della Chiesa che si esprimevano a suo favore, e infine si pronunciò la sentenza contro Nestorio e la sua dottrina, dopo di che egli fu solennemente deposto”.11

Il popolo, entusiasta, accorse nella chiesa dove si celebrava la grande assemblea e “accompagnò l’uscita dei padri conciliari, acclamandoli per la città”.12 Era stata ufficialmente dichiarata la divinità di Cristo, il Verbo Incarnato, il Dio fatto Uomo, e con essa era solennemente proclamata come dogma la Maternità Divina di Maria!

Il difensore dell’ortodossia è accusato di essere un eretico

Sarebbe troppo lungo raccontare qui tutte le vicissitudini subite da San Cirillo dopo il Concilio. Dopo esserSi servito di lui per consumare il trionfo della vera dottrina, la Provvidenza volle sottoporlo a una prova durissima: persone sagge e influenti nella Chiesa lo accusavano di eresia!

Come avrebbe potuto l’intrepido difensore dell’ortodossia essersi allontanato dalla Fede? Tuttavia, il Patriarca Giovanni d’Antiochia e il presbitero Teodoreto di Ciro sostenevano che c’erano dei segnali a questo proposito…

In quei tempi in cui la scienza e il linguaggio teologico erano ancora agli albori, Cirillo usò alcune formulazioni che potevano essere interpretate come una difesa del monofisismo. Ebbene, non sarebbe stato, in realtà, un sostenitore di questa eresia opposta, che propugnava un’unica natura in Cristo, fusione di quella divina e umana?

Nel corso di tutta la sua esistenza, il Patriarca di Alessandria aveva dimostrato di essere fatto della “pasta” dei Santi. Essendo il rappresentante ufficiale del Papa, gli era facile imporre i suoi criteri con piena giustizia. Tuttavia, preferì piegarsi alle richieste dei suoi accusatori, dando loro tutte le spiegazioni necessarie per convincerli dell’ortodossia delle sue affermazioni. E quando Giovanni d’Antiochia pretese che lui togliesse dai suoi scritti certe espressioni che potevano servire da pretesto per i nemici della Fede, accettò di buon grado di farlo.

Il risultato di questa delicata controversia fu l’Editto di Unione del 433, che, secondo il già citato Padre Bernardino Llorca, “deve essere considerato un complemento indispensabile del Concilio di Efeso”.13 Con questo documento San Cirillo e il Patriarca Giovanni dichiararono la loro agognata comunione, alla quale in seguito si sarebbe unito anche Teodoreto.

Fu questa esemplare dimostrazione di umiltà del santo Patriarca una delle più grandi prove dell’altezza da lui raggiunta nel firmamento della Chiesa. Il Teologo dell’Incarnazione, il propugnatore del primo dei dogmi mariani, il paladino della vera Fede, non dubitava a suggellare con la sua mansuetudine e modestia l’ortodossia della sua dottrina. (Rivista Araldi del Vangelo, Giugno/2019, n. 193, p. 30 – 33)

1 LLORCA, SJ, Bernardino. Historia de la Iglesia Católica. Edad Antigua. 5.ed. Madrid: BAC, 1976, vol.I, p.523. 2 PIO XI. Lux veritatis, 25/12/1931. 3 Idem, ibidem. 4 SAN CIRILLO DI ALESSANDRIA. Epistola XI, apud DU MANOIR DE JUAYE, SJ, Hubert. Dogme et spiritualité chez Saint Cyrille d’Alexandrie. Paris: Vrin, 1944, p.31. 5 Idem, ibidem. 6 LLORCA, op. cit., p.525. 7 SAN CIRILLO DI ALESSANDRIA, op. cit., p.31. 8 SAN CIRILLO DI ALESSANDRIA. Epistola IX, apud DU MANOIR DE JUAYE, op. cit., p.35. 9 Idem, ibidem. 10 LLORCA, op. cit., p.529. 11 Idem, ibidem. 12 Idem, ibidem. 13 Idem, p.532.