Elia e i suoi compagni egiziani convertiti al cristianesimo si recarono in Cilicia (Turchia meridionale) per visitare e portare conforto ad altri neofiti condannati ai lavori forzati. Al momento della loro conversione avevano assunto nomi di origine biblica: Geremia, Isaia, Samuele e Daniele. La nuova edizione del Martirologio Romano elenca, di seguito al nostro gruppo, Panfilo e i suoi cc. martirizzati, secondo quanto è riportato da Eusebio, nello stesso giorno; in considerazione dell’importanza di Panfilo, però, la presente opera dedica a essi una voce a parte giugno, loro data tradizionale. 

Nell’impero d’Oriente le persecuzioni contro i cristiani erano violente ancora sotto l’imperatore Galerio Massimiano (305-311), che continuava, intensificandole, quelle iniziate da Diocleziano (284-305). Sulla strada di ritorno dalla Cilicia Elia e i cc, furono arrestati dalle guardie imperiali a Cesarea di Palestina: a quel tempo si trovava in città anche lo storico ecclesiastico Eusebio che, testimone della loro sorte, riportò la vicenda nel suo Martiri della Palestina. Condotti al cospetto del governatore Firmiliano e orribilmente torturati, fu loro domandato il nome e la terra d’origine. Elia pronunciò allora i nomi assunti dopo la conversione e affermò di avere come patria Gerusalemme, riferendosi così alla loro meta, la Gerusalemme celeste. Dopo ulteriori torture vennero decapitati. 

MARTIROLOGIO ROMANO. A Cesarea in Palestina, santi martiri Elia, Geremia, Isaia, Samuele e Daniele: cristiani di Egitto, per essersi spontaneamente presi cura dei confessori della fede condannati alle miniere in Cilicia, furono arrestati e dal governatore Firmiliano, sotto l’imperatore Galerio Massimiano, crudelmente torturati e infine trafitti con la spada. Dopo di loro ricevettero la corona del martirio anche Panfilo sacerdote, Valente diacono di Gerusalemme, e Paolo, originario della città di Iamnia, che già avevano trascorso due anni in carcere, e anche Porfirio, domestico di Panfilo, Seleuco di Cappadocia, di grado avanzato nell’esercito, Teodúlo, anziano servitore del governatore Firmiliano, e infine Giuliano di Cappadocia, che, tornato proprio in quel momento da un viaggio, dopo aver baciato i corpi dei martiri, si rivelò come cristiano e per ordine del governatore fu bruciato a fuoco lento.