
Un omaggio a Fra Daniele Natale nel centenario della sua nascita
di Remigio Fiore, “Fra Daniele Natale racconta la sua esperienza con Padre Pio”, pp. 91-97.
Fra Daniele era veramente un innamorato di Gesù eucaristia e, sull’esempio del suo maestro, Padre Pio, amava Gesù di un amore sviscerato; ogni volta che si trovava alla sua presenza, non voleva più distaccarsi. La Messa, come gli aveva insegnato il suo Padre spirituale, faceva parte essenziale della sua vita quotidiana; cercava di non tralasciarla mai, sia s’era ammalato, sia se stava bene, in convento o fuori, in Italia o all’estero, come ha testimoniato il suo amico Carlo Campanini, compagno inseparabile in tanti viaggi e, a sua volta, figlio spirituale di Padre Pio. S’informavano sempre, ovunque si trovavano, se c’era una chiesa cattolica e a che ora si celebrava la Santa Messa. […].
Quando Fra Daniele assisteva alla Messa di Padre Pio, sembrava che si trasfigurasse con lui; diceva che, durante il Santo Sacrificio, Padre Pio lo rendeva partecipe della sua spiritualità e che assorbiva il suo spirito, unendolo al suo. Ogni fedele, per partecipare appieno alla Santa Messa, dovrebbe formare un cuore solo col celebrante che diventa, in quel momento, il ponte che unisce il Cielo alla terra, Dio all’uomo. Il sacerdote è, infatti, colui che ha il potere di rendere visibile la reale presenza di Gesù Cristo.
Quando Fra Daniele era a San Giovanni Rotondo, faceva di tutto per non perdere la Santa Messa celebrata da Padre Pio e, quando una malattia lo teneva immobilizzato a letto e non aveva neppure la forza per pregare, o dire il Rosario, si sentiva come se fosse stato abbandonato e piangeva.

Sentiamo da Fra Daniele stesso ciò che gli accadde una mattina: «Una sera stavo tornando da Foggia per San Giovanni Rotondo per andare in convento. La corriera che ci portava, arrivata in località Maline, si guasta; nonostante il buon impegno degli autisti non si riesce a farla ripartire. Tutti scendono dal veicolo ed io subito penso di fermare un’auto che mi possa portare a casa, ma non passa neppure una macchina. Pioveva e, oltre a bagnarmi, cominciavo ad avere freddo. Come tutti gli altri passeggeri m’incammino e salendo la montagna, tra una scorciatoia ed un’altra, arrivo al paese. Ero tutto bagnato, sentivo freddo ed ero stanco. Che fare? Dove andare? Arrivare fino al convento non ce la facevo proprio, non mi sentivo ancora bene, ero ancora in convalescenza da un intervento. C’erano da percorrere ancora due chilometri, quindi decido di fermarmi dai miei parenti, dopo essermi proposto di alzarmi la mattina di buon’ora, per giungere in tempo alla Santa Messa di Padre Pio. Prima di addormentarmi regolo la sveglia per le quattro e quindici minuti; essendo per le ore cinque la Messa del Padre, avrei avuto tranquillamente il tempo di prendere la corriera che veniva da Foggia, per arrivare puntualmente in chiesa. La sosta che la corriera faceva davanti al convento permetteva di partecipare in orario alla Santa Messa. La sveglia suona regolarmente all’orario prestabilito ma mi sento ancora stanco e assonnato, quindi decido di rimanere ancora un quarto d’ora a letto, ma come spesso succede, mi riaddormento e mi risveglio di soprassalto alle ore cinque meno tre minuti. Mi alzo, getto un po’ d’acqua in faccia e, strada facendo mi asciugo alla meglio con un fazzoletto, augurandomi che, quella mattina, la corriera sia in ritardo. In piazza non trovo nessuno, aspetto un poco…, niente, vado al bar che si trova di fronte al Municipio e chiedo al proprietario Pietro Lalla: “Pietro, la corriera è già passata?”. Mi risponde: “Eh, Fra Daniele, la corriera è arrivata alle cinque meno un quarto, ora sono le cinque meno tre minuti”. Era lo stesso orario in cui mi ero svegliato. Aspetto un po’ sul marciapiede, per vedere se qualche macchina sale al convento, ma niente! Solo due o tre macchine che vengono in senso contrario. Con l’animo amareggiato comincio a recitare il Santo Rosario e m’incammino, sempre con la speranza di vedere qualche macchina diretta al convento. Ero passato da un marciapiede all’altro e avevo recitato appena tre Ave Maria che mi capita una cosa strana: mi trovo sul sagrato del convento, entro in chiesa dicendo: “Madonna mia, questa mattina non hai voluto né il Rosario né che partecipi alla Santa Messa”. Stranamente la piccola chiesa, generalmente gremita di persone in ogni angolo, lasciava una scia vuota tra un banco e l’altro, fino all’altare principale. M’incammino e, arrivato all’altezza dell’altare di San Francesco, dove celebrava Padre Pio, non ebbi il coraggio di guardare, per non sentirmi mortificato nel vedere il Padre terminare la Messa o vedere che era già terminata. Vado direttamente in sacrestia. Appena entrato vedo tanta gente e Padre Pio che indossa ancora i paramenti e, mi guarda con quegli occhi che ti penetrano tutto, poi sento la sua voce che dice: “Procedamus in pace”. Rimango interdetto, m’aspettavo di sentire: “Prosit”, come si dice abitualmente al termine della Santa Messa. Non ho il tempo di pensare perché vedo il Padre che si avvia preceduto dal Padre sacrista. Mi tolgo in fretta il mantello, che appendo dietro la porta, e mi avvio anch’io: “Fate largo…, permesso…, fate largo”. Arrivato all’altare mi metto al solito posto e ascolto la Santa Messa. Finita la celebrazione ritorniamo in sacrestia e, anziché andare a baciare la mano a Padre Pio, rimango vicino alla porta per riprendere il mantello e, dopo averlo indossato, ecco di nuovo che il Padre mi guarda con i suoi occhi penetranti e, nello stesso tempo, amabili. Dico: “Oh, Dio, ma che mi sta succedendo?”. Intanto vado ad aprire la porticina che porta in convento e aspetto che il Padre vi entri. Chiusa la porta, trovandomi personalmente col Padre, gli chiedo: “Padre, ma che è successo questa mattina?”. Risponde: “Quello che è successo non importa, tu devi solo sapere e capire quanto ci vuole bene Gesù e quanto ci vuole bene la Madonna; loro possono tutto…”. Infatti mi sono trovato alla Messa di Padre Pio. La risposta che mi aveva dato il Padre non mi lasciava del tutto soddisfatto e cercavo qualcosa che mi convincesse dell’accaduto. Dopo aver accompagnato Padre Pio in chiesa, per le confessioni, incontro Petruccio, un cieco tanto buono che non mancava mai alla Messa del Padre, qualunque fossero le condizioni del tempo. Mi avvicino e gli chiedo: “Petruccio, Padre Pio a che ora ha celebrato la Santa Messa, questa mattina?”. Mi risponde: “Alla solita ora, come tutte le altre mattine”. La cosa, però, non mi lasciava ancora convinto. Scendo in paese e vado direttamente al bar e chiedo al proprietario: “Pietro, abbi pazienza, ma sei sicuro che la corriera, questa mattina, è arrivata al solito orario?”. E lui: “Certo Fra Daniele, è arrivata alle cinque meno un quarto e tu eri qui alle cinque meno tre minuti, ma perché?… ti è successo qualcosa?”. Ed io: “Ma no, che vuoi che capiti a me?”. Esco dal bar, torno a casa, prendo la sveglia e guardo la suoneria, se avesse suonato un’ora prima, niente! Era tutto a posto. Solo allora mi sono convinto che mi era capitato un fatto straordinario.
Tornato a casa, vedendo il vecchio Testamento sul comodino, mi venne il desiderio di rileggere del profeta Daniele; infatti, un passo dice:
Daniele fu gettato nella fossa dei leoni dove stette sei giorni per essere divorato……
Viveva in Giudea il profeta Abacuc, egli aveva fatto cuocere un intriso e spezzettato del pane in un piatto, e si recava al campo per portarli ai mietitori. Ma l’Angelo del Signore gli disse: Porta il cibo che hai preparato, in Babilonia, a Daniele, nella fossa dei leoni. Abacuc disse: Signore, non ho mai veduto Babilonia e non so dove sia la fossa. Ma l’Angelo del Signore lo preso al vertice del capo per i capelli e lo depose in Babilonia, sopra la fossa con la celerità di un soffio…….
Allora tutto mi fu più chiaro, perchè capii che anche a me, povero frate, era accaduto ciò che era successo al profeta Abacuc per portare da mangiare al profeta Daniele.
».
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