Nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre. (Fil 2, 10-11)

È in nome del Divino Salvatore che la Chiesa prega, cura gli infermi, evangelizza i popoli, espelle i demoni, infine, realizza la sua opera di salvezza delle anime. Il Santissimo Nome di Gesù fu sempre onorato e venerato nella Chiesa fin dai primi tempi, ma solo nel secolo XIV cominciò ad avere culto liturgico. San Bernardino, aiutato da altri confratelli, sopratutto dai beati Alberto da Sarteáno e Bernardino da Feltre, diffuse con tanto slancio e fervore tale devozione che finalmente venne istituita la festa liturgica. Nel 1530 Papa Clemente VII autorizzò l’Ordine francescano a recitare l’Ufficio del Santissimo Nome di Gesù. Giovanni Paolo II ha ripristinato al 3 gennaio la memoria facoltativa nel Calendario Romano.

L’ annuncio del santo nome di Gesù

Adamo, nel Paradiso, diede il nome più adeguato a ciascuno degli animali che, per determinazione divina, sfilarono davanti a lui (cfr. Gn 2, 19-20). E, dato che possedeva il dono della scienza infusa, il nome assegnato era il titolo insostituibile che definiva, per così dire, la stessa essenza di quella specie.

Qualcosa di ancora più significativo accade nel corso della Storia Sacra. Dio, quando ha un disegno speciale in relazione a una persona, le impone un nome che simboleggia quello che deve essere. Un caso tipico è Abramo, nostro padre nella Fede, con il quale il Signore fece un patto, promettendogli di moltiplicare all’infinito la sua discendenza (cfr. Gn 17, 2). A suggellare la promessa, Jahvè gli cambia il nome, chiamandolo Abraham, che significa «padre di una moltitudine di popoli» (Gn 17, 5).

Ebbene, ancor prima che gli Angeli comunicassero alla Madonna e a San Giuseppe il mistero dell’Incarnazione, Dio aveva già scelto il nome che il Suo amatissimo Figlio avrebbe avuto venendo al mondo: Gesù, che significa Dio salva. Questo è, pertanto, il nome personale e proprio del Verbo Incarnato. Perché? Il Figlio assunse la nostra umanità per redimerci, di qui la spiegazione dell’Angelo a San Giuseppe in sogno: «Egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati» (Mt 1, 21). A partire dal Battesimo tale nome è impresso col fuoco nei cuori dei fedeli, al punto da affiorare sulle loro labbra nelle gioie e nelle tristezze, e persino nel doloroso frangente della morte: Gesù!

Nostro Signore fu anche chiamato Cristo, che significa Unto. Tuttavia, Gesù è il nome la cui sonorità e senso mettono ancora più in risalto quanto amabile, dolce e affabile sia stato il Figlio di Maria. Cristo, a sua volta, risveglia negli spiriti la nozione ben chiara di tutto il rispetto, venerazione e adorazione di cui Egli è degno.

Le meraviglie del santissimo nome di Gesù assomigliano ai bellissimi fiori che si formano quando si gira un caleidoscopio. In primo luogo, questo nome è la sintesi della Redenzione, come insegna la Scrittura: «Se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo» (Rm 10, 9). In Lui c’è anche la vittoria sul peccato: «Dio lo ha innalzato con la sua destra facendolo capo e salvatore, per dare a Israele la grazia della conversione e il perdono dei peccati» (At 5, 31). Se continuiamo a muovere il caleidoscopio, rifulge il potere assoluto di questo nome: San Pietro guarisce lo storpio del Tempio in nome di Gesù (cfr. At 3, 6); San Giacomo fa ungere gli infermi in Suo nome, affinché recuperino la salute e siano perdonati i loro peccati (cfr. Gc 5, 14-15); e lo stesso Redentore ci consiglia di ricorrere a Lui nelle nostre suppliche: «In verità, in verità vi dico: Se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà» (Gv 16, 23). Ancora, questo è il nome che marcherà per l’eternità tutti quelli che si salveranno: «Il vincitore lo porrò come una colonna nel tempio del mio Dio e non ne uscirà mai più. Inciderò su di lui il nome del mio Dio e il nome della città del mio Dio, della nuova Gerusalemme che discende dal cielo, da presso il mio Dio, insieme con il mio nome nuovo» (Ap 3, 12), che è Gesù. Infine è un nome adorabile e degno della maggior gloria: «Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra» (Fl 2, 9-10).

Tutta la ricchezza racchiusa nel nome di Gesù fu trasmessa al Primogenito di Maria Santissima dalle labbra di San Giuseppe, vicario del Padre Celeste, che con la sua autorità paterna Gli impose questo nome per la gioia dei secoli venturi e di tutti gli Angeli. Come si verificò un fatto così tanto significativo?

Dopo la nascita del Bambino Gesù nella grotta, a Betlemme, la Madonna e San Giuseppe rimasero ancora lì per alcuni giorni al fine di incontrare parenti e amici desiderosi di vedere e venerare l’Atteso delle Nazioni. Alcuni di questi furono avvertiti dagli Angeli, su richiesta della Coppia immacolata, e con santa fretta intrapresero il cammino, pieni di speranza e di gioia. I familiari che abitavano vicino a Betlemme seppero la notizia dal giovane Simeone e dai suoi compagni, i quali, non appena si era fatto giorno dopo la notte di Natale, corsero per diffondere la buona novella tra il filone dei giusti della casa di Davide. Giuda e Rachele, i genitori di Simeone, furono tra i primi ad apparire nel Presepio, e con buono spirito esultante,adorarono il Bambino.

A mano a mano che i visitanti arrivavano, la Madonna e San Giuseppe li accoglievano con bontà e rivelavano loro molte cose riguardo alla missione del Divino Infante, inclusi gli eventi che avrebbero segnato a fondo la Storia della Chiesa. Queste conversazioni benedette si prolungavano per molto tempo, intervallate da ferventi preghiere e canti di lode al Bambino, che approfittava di queste intime conversazioni per fare il bene a coloro che Gli Si avvicinavano con vera devozione.

La maggior parte di questi parenti e conoscenti venne con i propri figli e alloggiò a Betlemme o nelle vicinanze, stando vicino alla Sacra Famiglia durante questo periodo. Cinque giorni dopo la nascita, quando erano riuniti inun numero molto rappresentativo, avvenne, con una certa solennità, l’annuncio del nome che sarebbe stato imposto al Bambino. San Giuseppe e la Madonna narrarono con profusione di dettagli le apparizioni angeliche ricevute da entrambi e come fu loro ordinato di dare al bambino il nome Gesù, spiegando il simbolismo, la grandezza e la missione che esso indicava. San Giuseppe concluse dicendo: “Il Suo nome sarà Gesù, come ci è stato comunicato dagli Angeli. Egli porterà la redenzione e la salvezza al popolo di Israele e al mondo intero, e la vittoria del bene sarà assicurata in suo nome”.

Simeone, il giovane cugino di San Giuseppe, approfittò dell’occasione per riunire i bambini e spiegare loro, con un linguaggio accessibile, il grande mistero che stava avvenendo. I piccoli ascoltavano le sue parole con vero incanto, poiché erano innocentissimi e alcuni di loro possedevano carismi mistici per discernere con facilità il senso più profondo di quegli eventi. 

Questa cerimonia familiare fu carica di dolcezza per il suo enorme significato, poiché era il momento atteso dai secoli in cui Dio annunciava il nome con cui sarebbe stato conosciuto nella Storia. Tuttavia, l’imposizione del nome propriamente detta sarebbe avvenuta durante la Circoncisione del Bambino, che, secondo la Legge di Mosè, doveva verificarsi otto giorni dopo la nascita (cfr. Lv 12, 3).

I preparativi di una solenne cerimonia

All’alba dell’ottavo giorno, San Giuseppe si accomiatò dalla Madonna e da Gesù, per andare a Gerusalemme a prendere i due sacerdoti del Tempio che avrebbero assistito alla cerimonia della Circoncisione, su richiesta di Maria Santissima. Entrambi erano noti per la loro fedeltà alla Legge ed erano ben conosciuti da Lei, dal momento che aveva vissuto con loro durante l’infanzia.

San Giuseppe aveva un enorme rispetto per il sacerdozio. La sua condizione di principe aveva contribuito a infondergli tale considerazione, poiché si sentiva chiamato a servire, fino allo spargimento di sangue se fosse stato necessario, il vero culto a Jahvè. Per questa ragione non incaricò qualcun altro della missione di accompagnare i due consacrati del Signore, ma volle compierla personalmente.

Tra le braccia di Maria, Gesù seguì con lo sguardo il suo padre virginale che si allontanava all’orizzonte. A mano a mano che la sua figura scompariva, il Bambino assumeva un atteggiamento di compenetrazione e di serietà così sublimi che la Madonna rimase in silenzio e Si astenne dal coprire suo Figlio con le manifestazioni di tenerezza affettuosissime e sacrali con cui era solita mostrarGli la sua riverenza e amore. 

I familiari più prossimi percepirono l’imponderabile di grande solennità e compostezza che regnava nella grotta e, in consonanza con quello stato di spirito, rimasero vicini a Gesù e Maria in raccoglimento e preghiera. Anche San Giuseppe, durante il breve viaggio, si manteneva accordato alla stessa armonia e, aiutato dagli Angeli, si elevava sempre di più con il significato profondo del sacro rito che si sarebbe realizzato quel giorno.

A metà mattina si vide in lontananza San Giuseppe, che veniva a piedi tenendo in mano le redini di due animali sui quali stavano i sacerdoti. Prima che giungessero al Presepio, il Bambino volle uscire incontro alle illustri visite. La Madonna, che intuiva tutti i Suoi desideri con estrema facilità come se Egli Le parlasse, Lo portò fino all’entrata della grotta. La scena fu indescrivibile: i sacerdoti furono colti dallo stupore nel vedere Gesù e Lo trattarono con sommo rispetto e venerazione; da parte Sua, il Bambino li guardò con una penetrazione e un affetto tali da colmare la loro anima. Soltanto dopo alcuni minuti i personaggi salutarono Sua Madre, poiché Gesù aveva catturato la loro attenzione completamente. Maria, incantata di fronte a quanto presenziava, li salutò con ogni deferenza, come se fossero due Angeli inviati dall’Altissimo.

San Giuseppe si affrettò a concludere i preparativi della cerimonia, già molto avanzati grazie a Simeone e ai suoi amici, nelle adiacenze della grotta. Quando tutto fu pronto, i sacerdoti e gli altri presenti si riunirono vicino alla pietra che sarebbe stata usata come base di appoggio durante la cerimonia. In quel momento, la Madonna coccolava suo Figlio con soavità angelica, al fine di disporLo ad affrontare i dolori che sarebbero venuti.

Il mite Agnello

Dato che era il padre del bambino a dovr realizzare il rito, San Giuseppe ricevette dal sacerdote il coltello di selce (cfr. Gs 5, 3). In questo modo, sarebbe stato lui il primo a offrire il Sangue preziosissimo di Nostro Signore Gesù Cristo al Padre Eterno. La Madonna, sebbene non fosse usanza, supplicò di partecipare al cerimoniale tenendo stretto suo Figlio, cosa che Le fu consentita. Così, segnò con la sua presenza materna quell’istante di dolore, come sarebbe accaduto anni più tardi ai piedi della Croce. E, per evidenziare ancor più l’importanza dell’atto, molti Angeli si resero visibili. 

Dopo le preghiere e le benedizioni di rito ufficiate dai sacerdoti, si procedette all’operazione. Il Bambino Gesù mostrò rassegnazione e calma assolute, versando soltanto una lacrima, colta con ogni attenzione da Sua Madre. Nel contemplare il Suo comportamento, i presenti furono colti da profondo stupore.

Nel silenzio, uno dei sacerdoti, animato dallo spirito di profezia, proferì a memoria e solennemente un versetto di Isaia: «Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti. Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello» (53, 6-7).

Al sentire quelle parole, San Giuseppe, toccato in modo particolare dalla grazia, sentì dentro di sé la voce di Dio che gli chiedeva: “Se dovessi consegnare tuo Figlio in sacrificio, lo faresti?” Con il cuore lacerato dal dolore, egli accettò i disegni del Padre con tutta la forza della sua anima. Si ricordò di Abramo e Isacco, e dell’olocausto sul Monte Moria (cfr. Gn 22, 2)… Anche Giuseppe, unendo la sua volontà a quella del Padre Celeste, non ebbe dubbi ad acconsentire ai dolori del suo unico Figlio per la salvezza degli uomini. Si può ben dire che a partire da allora egli fu costituito come patrono speciale del sacerdozio nella Chiesa Cattolica.

I parenti e gli amici che là si trovavano restavano in silenzio, emozionati per la grandezza della scena. Il versetto di Isaia aveva reso esplicito quello che, ispirati da una mozione interiore, avevano percepito durante la cerimonia a proposito della vocazione del Bambino. Egli sarebbe stato Re per tutti i secoli, come promettevano le profezie, ma il Suo cammino era anche attraversato dall’olocausto, dal sacrificio e dalla morte. In un attimo, ebbero una premonizione della Passione di Nostro Signore, e per amor Suo, si offrirono per essere immolati insieme a Lui, se questa fosse stata la volontà di Dio. Questo nucleo di familiari della casa di Davide e di amici più intimi della Sacra Famiglia era disposto a fare qualsiasi cosa per Gesù, anche organizzarsi e reagire con il coraggio dei Maccabei contro la tirannia della malvagità che dominava il popolo eletto. Ma, se la Provvidenza avesse voluto da loro la via del martirio, si dichiaravano pronti a percorrerla, come di fatto poco più tardi avrebbero fatto. 

San Giuseppe pulì e bendò con estrema cura la ferita di Gesù, non tralasciando di raccogliere in un tessuto adeguato il prezioso Sangue versato. Colto da venerazione per la reliquia, la baciò e, alzandola, esclamò: “Questo sarà il Sangue della Nuova Alleanza, che porterà la salvezza al mondo intero!”

A seguire, i sacerdoti, ispirati dallo Spirito Santo, fecero esortazioni piene di fuoco e di fede.

Tutto si realizzò in un clima di dignità, senza che nulla potesse generare l’impressione di volgarità o prosaicità. Il Bambino aveva sopportato con tanta pace e maestà che il Suo Sangue parve versarsi come una pietra preziosa liquida sul cristallo più puro. In quell’atmosfera di nobiltà angelica, tutti furono inondati da grazie altissime. È difficile concepire una Liturgia più sacrale e bella della Circoncisione di Gesù (cfr. Lc 2, 21), superata soltanto dalla grandezza del suo Battesimo nel Giordano (cfr. Mt 3, 13-16; Mc 1, 9; Lc 3, 21-22) e dalle grazie ineffabili concesse durante l’istituzione dell’Eucaristia nell’Ultima Cena (cfr. Mt 26, 26-28; Mc 14, 22-24; Lc 22, 19-20).

A conclusione del rito, San Giuseppe dichiarò in tono solenne il nome del Bambino: “Egli sarà chiamato Gesù, per volontà di Dio”.

Tutti si inginocchiarono in segno di adorazione, rimanendo per un certo tempo in questa posizione. Si era conclusa, in un luogo povero e discreto, la cerimonia più significativa e profetica che la Storia avesse mai conosciuto fino a quel momento.

(Brano tratto dal bestseller religioso “San Giuseppe: Chi lo conosce?…”, opera sua San Giuseppe di Mons. João Scognamiglio Clá Dias. L’opera combina la solida dottrina con una lettura piacevole ma utile a assaporare i misteri e le virtù di San Giuseppe. Il volume di 492 pagine, conduce il lettore ad una conoscenza viva e affettiva dell’ “uomo giusto”, eletto dalla Trinità per ricevere in custodia i suoi più grandi tesori: Gesù e Maria.)                             

Per coloro che vorranno richiedere il volume potranno farlo inoltrando la richiesta al seguente link: San Giuseppe, Chi Lo Conosce?